Il professor Umberto Veronesi, intervistato da La Stampa in seguito al suicidio del regista Carlo Lizzani, esprime ancora una volta il suo sostegno a una legge che permetta il diritto all’eutanasia. Nell’intervista, l’ex ministro della sanità dice che il suicidio di Lizzani è una evidente forma di denuncia e di protesta. Ricorda come il figlio del regista abbia detto che se in Italia fosse stato possibile, il padre avrebbe chiesto l’eutanasia. Il diritto di morire con dignità, dice Veronesi, in Italia e in molti paesi europei è ancora negato, si tratta di una conquista da fare. Secondo Veronesi il fatto che più di un terzo dei suicidi è da parte di anziani significa che queste persone sono coscienti di essere un peso alla società e alla famiglia e quindi si chiedono perché debbano vivere. Ricorda come sia stata presentata una legge di iniziativa popolare sul tema dell’eutanasia e si augura possa succedere come riguardo all’aborto negli anni 70, cioè l’approvazione di una legge del genere. A proposito dei cattolici che sostengono che la vita sia un dono e dunque non si è liberi di decidere di sopprimerla con l’aborto o con il suicidio, Veronesi risponde: “È verissimo ma esiste anche l’autodeterminazione. Ed in Italia esistono dieci milioni di atei e agnostici e milioni di persone che professano religioni diverse. Quindi chi è fedele agli insegnamenti della Chiesa li segua ma non può pretendere di invadere la legge civile. Chi non è credente ha il diritto di non ascoltare i dettami della religione”. Concludendo con l’invito, in seguito a domanda precisa, agli italiani che non hanno più voglia di vivere “di procurarsi una corda o di aprire una finestra: non c’è altra soluzione legittima o accettabile. È assurdo perché uccidersi non è reato, anche il tentato suicidio non è punibile. Allora perché è reato aiutare qualcuno se questa persona ha scritto chiaramente qual è la sua volontà?”.