Il tribunale dei minori di Bologna ha dato in affidamento una bambina di tre anni a una coppia di omosessuali ritenuta ”stabile e affidabile”; la procura era contraria. L’orientamento sessuale della coppia non ha pesato: non vi è dunque stato motivo per negare l’affido. E’ Ugo Pastore, responsabile dei minori dell’Emilia Romagna, a spiegare come i due uomini (di mezza età) siano stati considerati come due individui singoli. Si tratta di un tema che ha sempre acceso grandi dibattiti e questa scelta farà certamente parlare.
Per cercare di conoscere meglio il mondo degli affidamenti abbiamo contattato Mario Dupuis, fondatore del Centro di accoglienza per minori ”Ca’ Edimar” di Padova.
Il tribunale del minori di Bologna ha dato in affidamento una bimba di tre anni a una coppia omosessuale. Cosa ne pensa?
Io penso che ogni bambino abbia, senza dubbio, il bisogno di incontrare degli adulti che possano essere significativi per la sua vita. Non ho nessuna ragione per dire che queste due persone non abbiano una passione educativa, una capacità di cura e una capacità di accoglienza, tanto è vero che la legge sull’affido prevede che l’affido sia dato anche a una singola persona. La cosa che non mi va a genio è un’altra…
Quale?
La cosa che non mi trova d’accordo è il fatto che questi due uomini per il fatto di stare insieme perché si vogliono bene – e io non posso che rispettare ciò – credono forse di poter dare a questa bambina non solo la propria figura adulta, ma anche una vita famigliare. Perché la vita famigliare è fatta secondo natura: uomo e donna. Quindi…
Prego.
Non giudico la capacità educativa dei due singoli né entro nel merito dei diritti delle coppie omosessuali. Però, ripeto, l’esperienza primordiale di coppia in cui un bambino deve crescere non può che essere quella fissata dalla natura umana.
Secondo lei in un ambiente del genere si possono verificare conseguenze negative sulla crescita della bambina. Mancanze?
Quello che mancherebbe a questa bambina è il fatto di vivere in un luogo familiare nella norma che le permetta di assimilare nella sua vita il valore della famiglia e del matrimonio tra un uomo e una donna che genera a sua volta altre vite. Perché solo quando sarà grande potrà rispettare anche due persone dello stesso sesso che decidono di stare insieme, in quanto avrà criteri per giudicare, per ragionare e per rispettare. Una bambina piccola ha il diritto di incontrare la realtà secondo la legge naturale, quella di una famiglia fatta da un uomo e da una donna, perciò di un padre e di una madre.
Venti o trenta anni fa una cosa del genere non era possibile. Cosa è cambiato?
E’ stata stravolta l’esperienza di libertà. Mi spiego: la libertà viene portata avanti come se fosse un fattore indipendente da tanti altri fattori che governano il mare dell’esistenza. Bisogna rispettare la libertà di queste due persone di convivere (hanno tutto il diritto di farlo), ma non bisogna mettere in secondo piano altri aspetti fondamentali, soprattutto quando ci sono in gioco i bambini e il loro diritto non di avere genericamente chi si prende cura di loro, ma di avere un padre e di una madre; per questo sono stati chiusi gli istituti e si cerca di incentivare l’affido familiare soprattutto per i bambini piccoli. In più…
A lei.
Oltre a questo falso concetto di libertà, c’è l’enfatizzazione di un diritto soggettivo che può addirittura mettere in discussione altri diritti oggettivi. Il diritto soggettivo ad amare chi si vuole è visto scisso da altri diritti oggettivi quali il bisogno per un bambino di crescere all’interno di una famiglia frutto di un amore coniugale di un uomo e di una donna. Ne abbiamo tutti bisogno, proprio per come siamo fatti. Solo stando dentro a un ambito naturale da grandi possiamo avere i criteri per giudicare e rispettare chi fa anche un altro tipo di scelta.
Il tutto deve essere sempre fatto nell’ottica di recare benessere al bambino. “Meglio essere affidato, anche a una coppia omosessuale, che rimanere in istituto” è d’accordo?
Innanzitutto, io sono contrario al fatto che i bambini piccoli stiano in istituto; quando ero all’Osservatorio nazionale dell’infanzia e dell’adolescenza sono stato proprio io a presiedere il comitato di lavoro di chiusura degli istituti. Gli istituti, per legge, dovrebbero essere già chiusi. Mi risulta che in Italia vi siano migliaia di famiglie che fanno domanda di affido e di adozione. Per cui nessuno può dire “abbiamo fatto questa scelta perché non ne avevamo altre”…
Non condivide dunque appieno la decisione del Tribunale dei minori di Bologna.
Non ho letto la sentenza ma mi sembra che sia stata una scelta ideologica fatta proprio in modo forse un po’ provocatorio. Perché non ci credo che i servizi sociali di Bologna non abbiano trovato delle famiglie disposte all’affido e all’adozione. Per esempio potevano rivolgersi a noi di “Ca’ Edimar” e noi una famiglia gliel’avremmo trovata.
Lei che vive una casa famiglia e conosce benissimo il mondo dell’affidamento, quale deve essere l’ambiente perfetto per garantire il benessere nella crescita di un minore?
Le condizioni per far crescere un bambino, in ogni caso, sono quelle di farlo crescere in un ambiente in cui l’amore coniugale si premura di coltivare tutte le sua capacità, introducendolo alla bellezza della vita. Quindi, in primis, un ambiente sereno – il che non vuol dire senza problemi – basato sulla certezza che l’amore vicendevole crea come frutto l’amore verso il bambino. Un luogo educativo si crea se c’è il vero amore. Un bambino deve crescere seconda la sua storia e le sue capacità. E ci tengo a dire un’ultima cosa.
Prego.
Guai se il bambino, sia che sia in affido che sia proprio, sia vissuto come un qualcosa che riempia un vuoto. Il bambino è una presenza che deve essere accolta, non deve assolutamente essere usato per riempire un vuoto.
(Fabio Franchini)