Molti i santi che vengono celebrati il 19 di novembre, tra i quali un posto del tutto particolare spetta a San Narsete. Nato intorno al 330 nella famiglia che aveva già dato i natali a San Gregorio Illuminatore, era figlio di Athanagines e di Bambish, figlia di Tiran, re dell’Armenia. La sua educazione fu in linea con il sangue reale vantato e lo portò a frequentare le scuole elleniche a Cesarea. Si sposò quindi con Sahaktucht, figlia di un altro nobile, dalla quale ebbe un figlio, Sahak. Morta la moglie, tre anni dopo decise di tornare in patria ove trovò impiego dal re in qualità di camerlengo. Una data fondamentale nella storia di San Narsete è il 350, quando a Tiran successe il figlio Arshak, al quale fu chiesto di porre riparo all’usurpazione compiuta dal padre ai danni dei principi. A ognuno di essi fu restituito ufficio e posto competente per diritto di successione. Su impulso degli stessi principi, Arshak, decise di scegliere come vescovo, un discendente della famiglia di San Gregorio, individuato proprio nel camerlengo. Il quale, tra le altre doti, aveva anche una grande modestia, tale da spingerlo primo momento a rifiutare la nomina, adducendo i motivi più disparati, sino ad accusarsi di peccati mai commessi. Fu lo stesso re a troncare la questione, costringendolo ad accettare la nomina che era stata espressa anche dai vescovi armeni, riuniti in sinodo. Gli stessi vescovi lo inviarono a Cesarea per la definitiva ordinazione in qualità di sacerdote e per adempiere alla consacrazione episcopale. Il suo arrivo nella città fu accompagnato da un gruppo di principi e da una parata di truppe, come era sempre successo sin dai tempi di San Gregorio.



L’evento ha dato vita in seguito a una disputa dovuta all’anno in cui sarebbe avvenuta, il 353. Se Fausto, infatti, afferma che a consacrarlo a Cesarea sarebbe stato il metropolita Eusebio, in base alla Series Episcoporum del Gams, a ricoprire l’incarico in quegli anni era invece Dianeo (341-362). Ritornato alla naturale sede episcopale, San Narsete decise di convocare un sinodo, i cui risultato sono conosciuti sempre grazie al resoconto lasciato da Fausto, in base al quale egli avrebbe ordinato di erigere ospedali e lebbrosari, oltre ad edifici in cui mantenere i poveri della città con la carità. Inoltre avrebbe vietato, minacciando pene estremamente severe, la consuetudine di piangere i morti, considerandola una superstizione pagana da estirpare. Non mancò inoltre di esortare le autorità alla mitezza verso i sudditi. Anche l’educazione fu inserita nelle prescrizioni di San Narsete, il quale decise di dare vita a scuole di greco e siriaco, rivolte soprattutto alla gioventù. Va rilevato che le opere sociali istituite da San Narsete, trovavano alimento nell’aiuto che egli stesso chiese ai fedeli, oltre che nei canoni penali che arrivarono a prescrivere l’aiuto sotto forma di denaro o di semplice volontariato nelle strutture create a beneficio della parte più povera della popolazione.



Nei compiti affidatigli in veste di capo spirituale della Chiesa armena, rientravano anche quelli di carattere politico, come i rapporti da intrattenere con l’imperatore, che lo spinsero più volte a Bisanzio. La prima missione in tal senso ebbe luogo nel 354, quando stipulò un trattato di alleanza con Costanzo II, grazie al quale riuscì a riportare in patria due nipoti di Arshak e Olimpia, figlia di un prefetto pretoriano. Ben presto, però, San Narsete entrò in rotta di collisione con il re, in quanto Arshak era solito ubbidire al proprio personale interesse, reagendo con sempre crescente fastidio agli ammonimenti del suo vescovo. La rottura definitiva ebbe luogo nel 359, quando il sovrano ignorò le esortazioni di San Narsete e uccise il nipote Gnel. La scomunica che ne seguì fu ignorata da Arshak, il quale procedette alla sostituzione del vescovo con Ciunak. Quando però cercò di far ratificare la sua decisione dagli altri vescovi armeni, trovò un muro ad accoglierlo. L’ufficio fu infatti affidato a Iussik il quale assunse la rappresentanza armena nel sinodo di Antiochia del 364, firmando la lettera poi indirizzata all’imperatore Gioviano.



Nel frattempo San Narsete si era ritirato ad Ashtishat, ove rimase lungo tutta la durata del regno di Arshak, tornando solo quando il sovrano fu imprigionato dal re dei sassanidi, Shapuh. Tornato a Costantinopoli strinse ottimi rapporti con l’imperatore Valentiniano I, al quale caldeggiò l’incoronazione di Pap, figlio di Arshak, come nuovo re d’Armenia. Ripreso il suo ufficio riuscì infine a dedicarsi al meglio alla sua missione spirituale, che sentiva più vicina alla sua indole, sperando di poter finalmente aiutare il suo popolo. Un proposito presto frustrato dallo stesso Pap, il quale, non diversamente dal padre, non sopportava di avere un controcanto, seppur di carattere spirituale. La reazione del re ai suoi ammonimenti, non si fece attendere e si concretizzò con l’avvelenamento avvenuto nel corso di una festa cui Pap aveva invitato San Narsete, affermando di cercare una riappacificazione.La sua morte sarebbe avvenuta nel 373, ma sulle cause è nata una nuova disputa storiografica, in quanto se Fausto accusa apertamente Pap, altri storiografi dubitano della sua interpretazione.

San Narsete fu sepolto a Thil, nel villaggio di Erzerum, nello stesso luogo ove già avevano trovato sepoltura i suoi antenati e la sua tomba divenne meta di incessante pellegrinaggio, almeno sino a quando, a seguito dell’invasione araba del settimo secolo, non fu distrutta la chiesa che la custodiva. Nel 1272, le sue reliquie furono finalmente ritrovate grazie ad una visione e il vescovo, Sarkis, fece erigere sul posto una chiesa, che gli venne dedicata.