Il 2 novembre, giorno comunemente dedicato alla commemorazione dei morti, è anche il giorno in cui si celebrano santo Acindino (chiamato anche Acendino), san Pegasio, santo Aftonio, santo Anempodisto e santo Elpidoforo, tutti martirizzati in Persia. A quei tempi regnava Sapore II, terribile e autoritario re di Persia. Parliamo dunque degli anni che vanno dal 310 al 370 dopo Cristo. In quei tempi, e nonostante la sostanziale libertà di credo religioso che l’imperatore Costantino il grande aveva concesso al suo popolo, Acindino e gli altri futuri martiri furono considerati, dal re Sapore II, una colonna dell’impero romano con cui era in lotta. A causa di questa condizione, dunque, chiunque si professasse cristiano veniva considerato nemico della Persia.
Sapore II fece imprigionare Anempodisto, Pegasio e Acindino e li fece interrogare e torturare. Era questo ciò che accadeva ai cristiani in Persia in quell’epoca. Mai scelta risultò più infelice per il re persiano. Le ferite dei tre cristiani si rimarginarono miracolosamente e le catene di pesante ferro che li costringevano a restare in quelle celle si spezzarono lasciandoli liberi. Nello stesso tempo, una bufera di portata mai vista in quelle terre fece tremare le mura della città di Isfahan, dove risiedeva il re. Come se non bastasse, il sovrano perse improvvisamente la voce, che riacquisì soltanto grazie all’intercessione degli stessi caritatevoli cristiani.
Dopo tutte queste prove della santità che caratterizzava Acindino, Pegasio e Anempodisto, i tre martiri furono sottoposti a nuovi e più pesanti supplizi: furono ad esempio gettati nel piombo fuso ma, anche qui miracolosamente, riuscirono a uscirne incolumi. Fatto, questo, che fece molta impressione, specialmente tra i carnefici che si aspettavano la loro morte. Uno di questi, che si chiamava Aftonio, rimase talmente colpito da questo prodigio che si convertì al cristianesimo, ma fu decapitato in poco tempo.
In seguito, i tre martiri furono gettati chiusi in un sacco nell’acqua del mare. Ma anche questo gesto di tirannia non servì. Dopo poco furono rivisti uscire dalle acque ancora una volta totalmente illesi.
Mentre queste torture continuavano, all’interno del Senato persiano alcuni senatori, compreso Elpidoforo, avevano cominciato a prendere in simpatia quei tre martiri, di cui presero presto le difese. Anche questi senatori, come già la guardia convertita Aftonio, furono uccisi per questo motivo. All’epoca, infatti, non venivano tollerate quelle persone che professavano simpatie per i nemici.
Uccise tutte quelle persone che, poco a poco, prendevano le difese dei tre martiri, questi rimasero da soli con il destino che re Sapore II aveva deciso per loro. Acindino, Anempodisto e Pegasio, dopo tanto tempo passato a patire le peggiori torture, furono arsi vivi a Isfahan, intorno al 350 dopo Cristo. L’eco delle loro sofferenze e dei miracoli di cui si resero protagonisti arrivò fino all’altro capo del mondo. Tant’è che le loro reliquie, dopo essere state trasportate dalla Persia a Costantinopoli, furono depositate in una chiesta appositamente costruita e dedicata a loro. Qui i resti dei tre martiri venivano venerati da migliaia e migliaia di fedeli, colpiti da quanto erano stati costretti a subire a causa della loro fede e ammirati dal modo in cui avevano sopportato tutte le angherie.
Le reliquie di Acindino, però, furono protagoniste di alcune peripezie. Durante la quarta crociata (per essere precisi nel 1204), infatti, parte dei suoi resti fu trafugata e trasportata a Vedans, in Francia, per finire dopo poco nell’abazia di Rosieres. Nel corso della rivoluzione francese questa reliquia andò perduta, ma fu portata di nuovo alla luce nel 1892, esattamente cento anni dopo i moti rivoluzionari.
La venerazione per questi martiri non ha confini, in quanto sia a Oriente che a Occidente il loro ricordo è ancora vivo. In particolare, nella Chiesa Bizantina i cinque santi sono celebrati nella “Pala d’Oro” che si trova a Venezia, nella basilica di San Marco. Tornando a Sant’Acindino, tutt’oggi viene venerato in quanto titolare di una parrocchia che si trova in una frazione della città di Drapia, che si trova in provincia di Vibo Valentia, che porta il nome di Gasponi. Qui la festa con cui viene ricordato il santo martire viene celebrata non il 2 novembre (giorno in cui andrebbe festeggiato ma coincidente con la celebrazione del ricordo dei defunti), ma il giorno successivo.