Sardegna in ginocchio per il ciclone Cleopatra. Il bilancio è drammatico: 18 morti (4 bambini), circa 3mila i sfollati, almeno due dispersi, il tutto tra black out e frane. In 24 ore è caduta la pioggia di sei mesi. Il nubifragio è iniziato attorno alle 9 di lunedì e per tutta la giornata non si è placato, devastando l’isola, in particolar modo Gallura e Olbia. Letta ha parlato a ragione di “tragedia nazionale” e il governo ha già stanziato 20milioni per cercare di tamponare i danni. Per provare a capire come sono state quelle ore di paura, ilsussidiario.net ha contattato Salvatore “Tore” Acca, presidente della cooperativa Villa Chiara ad Olbia, struttura per l’integrazione delle persone disabili, che è sceso in strada, insieme a molti altri concittadini, per sfidare i danni del ciclone.
Lei che lavora in prima linea, com’è la situazione?
Sembra di essere in un film. Nessuno si aspettava una cosa del genere: dentro le case c’è un metro e mezzo d’acqua. Stiamo correndo per salvare il salvabile. Non so cosa dire… sono quelle cose che uno vede in televisione e pensa che non possano succedere a casa propria.
Tra ieri e oggi cosa ha visto?
Questa mattina abbiamo ripulito un asilo distrutto da un metro e mezzo d’acqua. Ora siamo in un supermercato… il negozio di un mio conoscente è stato devastato con tanto di merce danneggiata. E come lui tanti altri. Poi automobili capovolte una sopra l’altra nelle vie. Tutte le abitazioni sono allagate e chi ci vive sta buttando via tutto quello che era in casa.
Un bollettino drammatico.
Una bomba d’acqua che nessuno si aspettava, fin dalle 9 del mattino (di lunedì, ndr). Poi qui ad Olbia ci sono tantissimi canali e sono straripati. Ora sta anche riprendendo a piovere, e dovrebbe arrivare una nuova perturbazione…
Chi siete, in strada, a lavorare?
Noi, come tanti altri, ci siamo trovati tra amici e conoscenti. Ho contattato i volontari dell’associazione. Ieri siamo stati bloccati al centro per disabili Villa Chiara fino a mezzanotte e mezza perché è straripato il fiume, buttando giù una parte del ponte. Non potevamo rientrare: abbiamo dovuto aspettare che la furia dell’acqua si placasse un po’ prima di poter tornare.
Cosa si sta facendo per salvaguardare bambini e anziani, più esposti alla calamità?
Hanno messo a disposizione gli alberghi per quelle persone che non possono rimanere a casa. Poi c’è la Protezione civile che sta battendo a tappeto tutta la zona alluvionata. Il sindaco ha invitato tutti ad avvisare la Protezione civile, così che questa potesse trasportare in ambulanza i malati o i più bisognosi verso i luoghi sicuri.
Cosa la spinge insieme a tanti altri a scendere in strada sfidando l’acqua e il fango?
Tutti avrebbero fatto così. Se non si da una mano in questi momenti… è il minimo che si può fare per aiutare quelle persone che hanno perso tutto. Io ho visto case completamente da buttare, una cosa incredibile. È la voglia di aiutare le persone per superare la forza della natura: far vedere che siamo più forti di quello che è successo.
Ma dal punto di vista morale che clima c’è?
Ma noi sardi quando ci troviamo in queste situazioni riusciamo a fare gruppo e ci aiutiamo l’uno con l’altro. Certo, i danni sono enormi, ma siamo molto forti. La gente ha gli occhi lucidi, ma non si da per vinta, anche con una semplice scopa in mano.
Ha detto che sta iniziando a piovere: l’emergenza resta alta?
Assolutamente sì. Io poi non so se è vero, ma dicono che vogliono riaprire la diga se i livelli rimangono questi. L’allerta meteo rimane alta e sono previste altre perturbazioni. Noi siamo qui e continuiamo a fare il nostro lavoro.
(Fabio Franchini)