Il provvedimento è passato senza colpo ferire. Nessuno, per ora, se n’è accorto, ma i suoi effetti, a breve, salvo eventuali modifiche alla Camera, saranno ben presto percepiti nella loro drammatica ampiezza. Con un tratto di penna, nella legge di Stabilità si è abrogata la cosiddetta Legge del Buon Samaritano (n.155 del 25 giugno 2003). La norma, di rara sintesi  (un solo articolo), afferma: «Le organizzazioni riconosciute come organizzazioni non lucrative di utilità sociale ai sensi dell’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni, che effettuano, a fini di beneficenza, distribuzione gratuita agli indigenti di prodotti alimentari, sono equiparati, nei limiti del servizio prestato, ai consumatori finali, ai fini del corretto stato di conservazione, trasporto, deposito e utilizzo degli alimenti». L’equiparazione al “consumatore finale” è, forse, il cuore della legge. Con tale specificazione, si è conferita alle Onlus facoltà di distribuire gratuitamente tonnellate di generi alimentari alle persone bisognose senza dover necessariamente adempiere a tutti quei vincoli burocratici e amministrativi che ne avrebbero, nella stragrande maggioranza dei casi, impedito l’attività, specie laddove la donazione di un pasto pronto è connotata dall’urgenza. La fame non aspetta. Si dà il caso, inoltre, che l’equiparazione al consumatore finale abbia sollevato le aziende donatrici (supermercati, mense, ospedali, asili ecc…) dal principio della “responsabilità di percorso”: prima della 155/2003, tali aziende erano obbligate a fornire svariate assicurazioni sugli alimenti donati in merito ai depositi, allo stato di conservazione, al trasporto e via dicendo. Chiaramente, il più delle volte, anche i meglio intenzionati e più generosi, si chiedevano: “Chi me lo fa fare?”, e gettavano la spugna. Si obietterà che le Onlus che distribuiscono gli alimenti dovranno pur sempre rispettare determinati standard di sicurezza. E’ indubbio. Ma questo già avviene e il principio di “consumatore finale” è già di per sé disciplinato; inoltre, chi compie un’attività del genere, non avendo alcuno scopo lucrativo, lo fa – con ogni evidenza – assumendosi quelle responsabilità funzionali a garantire il miglior servizio possibile. 



Ebbene, come se non bastasse, nella Legge di stabilità non solo si abroga la 155/ 2003, ma si esplicitano una serie di ulteriori vincoli per le Onlus che dovranno «garantire che la durata e la modalità del trasporto, nonché dello stoccaggio e della somministrazione egli alimenti non inficino la sicurezza dei medesimi». Ve la immaginate una parrocchia che si fa carico di queste incombenze? Infine, giusto per complicare ulteriormente le cose, gli operatori del settore alimentare che effettuano la raccolta del bene gratuito dovranno registrare l’oggetto, la data, il luogo, l’ora e il destinatario della fornitura. E’ forse pensabile applicare simili procedure a 209,1 mila tonnellate di eccedenze alimentari annue, ovvero quelle prodotte (nel 2012) nella sola fase della ristorazione, senza che le donazioni subiscano un drastico tracollo? Già adesso, oltretutto, solamente il 9,2 per cento degli sprechi viene donato ad enti caritativi. 189.9 mila tonnellate di cibo vengono, semplicemente, buttate via. Insomma, da un lato, si calcola che 4 milioni di persone soffrano di povertà alimentare, dall’altro, la Legge del Buon Samaritano, in dieci anni, ha garantito l’erogazione di 2.600.000 porzioni di piatti pronti, circa 800mila Kg di pane e circa 900mila kg di frutta recuperati. Ci sarebbe ancora tanto da fare e gli operatori del settore stanno studiando il modo di rafforzare le attività di raccolta e distribuzione degli alimenti freschi o cucinati da mense, dai catering, e via dicendo, luoghi in cui risiedono potenzialità del tutto inesplose per sfamare milioni di persone e soluzioni ancora da inventare. Buoni propositi che, se la Camera non ripristinerà la Legge del Buon Samaritano, andranno semplicemente in fumo. Siamo certi che alla fine il ministro Lorenzin porrà rimedio a questa “svista”. 



 

(di Paolo Nessi)

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