A Mordano, paese romagnolo di 4.700 anime, la Casa del popolo è a due passi dal Circolo culturale parrocchiale. Cosa da manuale, nel nostro Paese, come racconta no le vicende di don Camillo e Peppone e degli altri personaggi usciti dalla penna di Giovannino Guareschi. Personaggi indimenticabili per la loro irriducibilità creativa, passione ideale, solidarietà umana… Qualità che a Mordano non sembrano essere andate perse, visto che tra i suoi abitanti c’è chi ha deciso di ridare vita alla Casa del popolo. Siamo in provincia di Bologna, ma questa è una pura formalità: i suoi cittadini si ritengono romagnoli e piuttosto fieri del loro spirito anarchico che nei secoli li ha portati a ribellarsi a qualunque forma di dominio, feudale, pontificio, napoleonico e a ricordare divertiti, ancora oggi, come la proposta serale dei loro antenati per “passare il tempo” fosse di andegn a pulizai, cioè andare a picchiare i rappresentanti degli usurpatori. Da persone così, con buona pace dei benpensanti, proprio come da don Camillo e Peppone, ti aspetti anche grandi gesti di generosità. Come quelli di sterratori, muratori, capomastri o solo semplici cittadini che, a inizio ‘900, sulla spinta del movimento operaio e popolare, offrirono il loro lavoro per costruire le Case del popo lo, luoghi d’incontro dove la gente potesse fruire di servizi culturali, assistenziali, mutualistici e ricreativi attraverso attività cooperative. Innanzitutto luoghi di ritrovo, dove poter scambiare idee e condividere esperienze. Cosa che 
sarebbe tanto importante anche adesso per “rialzare la testa” o, se si preferisce, per ritrovare coesione e partecipazione sociale, come hanno voluto sottolineare i promotori de “La notte rossa. Le case del popolo in festa”, serie di iniziative realizzate nel mese di ottobre in 123 Case del Popolo dell’Emilia Romagna. 
Vita comunitaria, solidarietà, sussidiarietà, cooperazione: i valori che hanno costruito il nostro Paese, traghettandolo lungo tutta la sua storia, oltre momenti di crisi, anche gravi, che non sono mai mancati. Come nel momento attuale, dal quale si sta ancora cercando di capire come uscire. Liberismo o statalismo?



“Ieri l’impresa era, per una parte importante, la possibilità di remunerare in maniera significativa il capitale. Io credo che di qui in avanti l’impresa sarà sempre di più l’opportunità di creare lavoro e di investire la propria conoscenza” ha sostenuto Giuliano Poletti, presidente nazionale Alleanza delle Cooperative, intervenuto a Mordano insieme a Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, a uno degli incontri della Notte Rossa (incontro sul tema “La cooperazione. Dalla tesi di laurea di Sandro Pertini ad oggi”). In effetti, la storia non ci ha ancora dato la possibilità di vedere una società costruita sul la base dell’idea cooperativa, secondo cioè quella forma d’impresa determinata dalla funzione sociale a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. Settore che in Italia conta il 7,5% delle imprese con quasi il 5% dell’occupazione (che sale per i dipendenti dei servizi al 19,1%), è in continua espansione, sia nei Paesi industrializzati, sia in quelli in via di sviluppo, e mostra, soprattutto nei servizi sociali, una grande capacità di adattarsi ai cambiamenti grazie alla sua natura “sussidiaria”, a diretto contatto cioè con il bisogno a cui risponde. La cooperazione non è solo una fetta rilevante della nostra vita e conomica e sociale, ma è “soprattutto un settore in cui si dimostra che è possibile nel 2013 un’economia di mercato in cui i valori ideali giochino un ruolo”, ha affermato Vittadini. Ideali di solidarietà ed emancipazione sociale sostenuti dalla funzione educativa della cooperazione, come scrisse nel 1924 Sandro Pertini nella sua seconda tesi di laurea, di recente ritrovata e pubblicata dopo essere stata data per dispersa nell’alluvione di Firenze del 1966. “Dobbiamo andare a ripescare nel pensiero e nei valori che hanno dato la forza a quei signori di tirare su la carriola e venire qui a costruire la Casa del Popolo” ha concluso Poletti, rappresentante del mondo cooperativo di sinistra, non a caso sul palco difianco a Vittadini, appartenente al mondo cattolico: le due realtà sociali che, a dispetto della storiografia ufficiale, hanno fatto la storia del nostro Paese. Come don Camillo e Peppone quando, durante l’esondazione del Po, affermano qualcosa di più importante delle loro divergenze: il bene comune, per il quale non hanno esitato a mettersi insieme a disposizione dei bisogni della gente.

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