“Quella non è vita. Rivolgo un appello pubblico a mia madre; se dovesse accadermi quel che è accaduto a Max, non fare come sua mamma”. Così Alda D’Eusanio ha commentato, al rientro in studio de La vita in diretta, la storia di Massimiliano Tresoldi, uscito dallo stato vegetativo dopo 10 anni.
Nel salotto televisivo di Franco Di Mare e Paola Perego è stata raccontata la vicenda con un collegamento con la casa della famiglia Tresoldi, dove si erano riuniti tutti i parenti, gli amici e il personale che ha assistito (e tuttora sostiene) Max. La frase della D’Eusanio, oltre a non raccogliere il consenso dei conduttori, ha fatto arrabbiare la madre Lucrezia Povia Tresoldi – che ha risposto stizzita all’uscita della giornalista – e ha scatenato una bufera che ha coinvolto la Rai, con tanto di scuse (dovute) alla famiglia. Ilsussidiario.net ha raggiunto la signora Povia Tresoldi per permetterle di replicare e, trattando il tema dell’eutanasia, di raccontarci la storia di speranza di suo figlio.
Signora Tresoldi, ci dica cos’è accaduto.
Innanzitutto una premessa: sono stata contattata da La Vita in diretta per raccontare la storia di Massimiliano e per trasmettere quindi un messaggio molto bello. Sono venuti a casa mia i tutti i volontari e gli amici di Max e tutte le persone che l’hanno sempre aiutato. Questi ragazzi hanno dovuto chiedere il permesso dal lavoro per essere presenti per andare in onda alle 17. Dalle 17 ci hanno spostato alle 18.30 e già lì eravamo arrabbiati: si capiva che ormai di spazio ce ne sarebbe stato ben poco.
È quindi partito il servizio su suo figlio.
Sì ed è stato un bel video, ma ci hanno fatto dire solo due parole per poi dare la parola alla D’Eusanio. Quello che ha detto ci ha choccati. Massimiliano era arrabbiatissimo. Soprattutto perché la signora ha tirato in mezzo la mamma, e per lui “guai a chi mi tocca”.
Cosa ha pensato in quel momento?
Ripeto, siamo rimasti choccati dalle sue parole. In quel attimo se fossimo stati in studio non so davvero Massimiliano cosa avrebbe fatto. È stato terribile. Non è corretto; io non voglio cambiare l’idea di una persona, perché ognuno ha il diritto di scegliere quello che vuole, ma quando mi viene detto che avremmo portato la nostra testimonianza di speranza, una cosa del genere non me la sarei mai aspettata.
Una frase quanto mai fuori luogo insomma.
Massimiliano è ancora un grave disabile, che comunque sta recuperando poco per volta. Ma venirmi a sentir dire che questa non è vita, non è stato un bel gesto, anzi. Io infatti ho chiesto alla Rai le dovute scuse e ieri il presidente della Rai mi ha telefonato per scusarsi. Ma io rimango arrabbiatissima: non si può fare determinate trasmissioni invitando persone incompetenti…
Sarà una domanda forse stupida da fare a una madre, ma perché ritiene che la vita di suo figlio sia degna di essere vissuta?
Ma perché la vita è vita, la vita è un dono che va custodito e amato fino in fondo. E poi mio figlio era vivo, è sempre stato vivo. Come facevo a togliergli la vita?
Come sta Massimiliano, è felice?
Le prime parole (riportate a gesti con le mani tramite l’alfabeto) che Massimiliano ha detto quando è uscito dallo stato vegetativo sono state: “meno male che c’è sempre stata mia mamma che ha creduto. Io sentivo tutto, vedevo tutto, ma non potevo parlare”. Lui è sereno e ha accettato la sua situazione. Per me mio figlio è una persona degna di questa vita, anzi meglio di come siamo noi che siamo in piedi e possiamo camminare. Anche perché ci sono tante persone in piedi e perfette che non si meritano nulla…
Lei ha scritto un libro per raccontare la vicenda di suo figlio.
Sì e quando l’ho fatto ho chiesto a Max di scrivere una pagina per dire qualcosa di suo. C’è una dottoressa che lo segue che tenendogli la mano lo ha fatto scrivere. E Max ha scritto che ha accettato molto bene una vita così, e ha detto di essere felice. Ecco cosa ha detto: “spero che anche chi non ha avuto il coma come me sia felice come lo sono io”. Ripeto, è un uomo sereno anche perché in casa ha sempre respirato questa tranquillità. E mi faccia dire…
Prego.
Massimiliano prima dell’incidente aveva detto a sua sorella che lui la vita in carrozzina non l’avrebbe mai fatta. E invece, venuto fuori dallo stato vegetativo, ha detto di essere sereno così.
Che ruolo ha avuto la fede in tutti questi anni e che ruolo ha tuttora?
Noi la fede l’abbiamo sempre avuta: non è che adesso è raddoppiata. La fede è sempre quella. Per me non è un peso curare mio figlio. Anche se non avessi avuto la fede penso che l’amore per un figlio sia uguale sia per chi crede che per chi non crede.
Lei personalmente cosa pensa dell’eutanasia?
Per quanto la cosa non mi tocchi, io penso che chi la cerchi sia una persona purtroppo vuota, che non sa cosa significhi il dono della vita. Penso personalmente che sia una grande stupidata perché nel momento che succede, le cose cambiano. Tutti si attaccano alla vita. E noi nella nostra famiglia viviamo per la vita.
Ci può raccontare un po’ di Massimiliano prima dell’incidente e se ci può dire quali sono le sue prospettive future? Ha parlato di miglioramenti.
Massimiliano è un ragazzo che a partire dall’età di 3 anni ha iniziato a tirare calci al pallone e ha continuato a farlo. Era uno sportivo a 360 gradi, faceva diversi sport e non stava mai fermo. Con l’incidente ha fatto quasi 10 anni tra il coma profondo e lo stato vegetativo. Adesso pian piano sta migliorando. I miglioramenti si vedono e si notano benissimo. Io lo porto al mare e, aiutato, riesce a nuotare tranquillamente.
E nella vita di tutti i giorni?
Ripeto, naturalmente rimane un grave disabile, ma riesce a mettersi in piedi dalla carrozzina attaccandosi alla spalliera. Nessuno mette limiti ai suoi progressi e noi cerchiamo di dargli tutto il meglio possibile per farli migliorare nella parola, nel mettersi in piedi. Io ci credo e sto lavorando per questo. E i passi in avanti ci sono.
Per concludere, cosa ha da dire direttamente ad Alda D’Eusanio, o comunque a tutte quelle persone che in merito si pongono in maniera scettica?
Io credo che si tratti di persone veramente prive di sensibilità. Hanno una vita vuota e non possono quindi capire questi problemi. Non mi metto al loro livello assolutamente: sono persone che non hanno avuto niente e quindi non riescono ad apprezzare nulla.
(Fabio Franchini)