Il pentito Francesco Onorato torna a parlare del ruolo di Craxi e Andreotti nel delitto Dalla Chiesa. Lo fa nel corso del processo sulla trattativa Stato-mafia, sottolineando come “i politici a Riina prima gli hanno fatto fare le cose, poi l’hanno mollato. Prima ci hanno fatto ammazzare Dalla Chiesa i signori Craxi e Andreotti che si sentivano il fiato addosso. Poi nel momento in cui l’opinione pubblica è scesa in piazza i politici si sono andati a nascondere. Per questo Riina ha ragione ad accusare lo Stato”. In pratica per il pentito Onorato, Totò Riina fu prima usato dallo Stato e poi scaricato. E la conseguenza fu che per vendetta pensò di uccidere Andreotti e suo figlio. Carlo Vizzini è stato protagonista, insieme a Leoluca Orlando, della “Primavera di Palermo”, cioè della giunta anomala che dal 1985 al 1990 sparigliò le carte della politica siciliana.
Da un lato Andreotti è inserito nella lista dei condannati a morte della mafia, dall’altra il pentito Onorato lo indica come il mandante dell’omicidio Dalla Chiesa. Non è una contraddizione in termini?
Nel processo ad Andreotti la sentenza della Cassazione fino a una certa data prescriveva il reato e da quella data in poi assolveva l’imputato. Non conosco le carte processuali, ma è noto che Andreotti è stato tanti anni sotto processo e alla fine la Cassazione ha chiuso questa pratica nel modo che ho detto.
Il piano per uccidere Andreotti fu legato in qualche modo al maxiprocesso di Palermo?
La mia impressione storica è che può darsi che qualcuno abbia fornito rassicurazioni nel senso che il Maxiprocesso sarebbe stato gestito per finire in una bolla di sapone. Così non fu, e con la sentenza della Corte di Cassazione del 30 gennaio 1992 scoppia l’ira furibonda dei clan. La vera data in cui si può capire chi davvero stava contro la mafia e chi la difendeva è la data della sentenza della Cassazione sul Maxiprocesso di Palermo. Chi si esponeva, come io stesso ho fatto, lo faceva a processo ancora aperto e con le acque calme. Era chiaro che dopo la sentenza definitiva doveva cominciare o una vendetta o quella che viene chiamata la trattativa, su cui si sta svolgendo il processo e rispetto a cui siamo in attesa di una conclusione da parte del collegio giudicante.
La decisione della Cassazione sul Maxiprocesso non fu di natura politica. Perché secondo lei la mafia se la prese con i partiti?
Teoricamente la sentenza poteva dipendere dalla capacità di una politica altolocata di intervenire anche a quel livello. Lungi da me dall’affermare che davvero si pensasse di arrivare a tanto, sto dicendo solo che in teoria anche l’ipotesi di un intervento di un certo livello politico sui giudici della Cassazione avrebbe potuto essere presa in considerazione.
L’aspettativa dei vertici di Cosa Nostra nei confronti della politica era questa?
Si era creata una sorta di “pax” che derivava dal fare svolgere il processo senza che ci fossero incidenti. Poi ci fu la cosiddetta “Primavera di Palermo”, cui io partecipai insieme a Leoluca Orlando. Insieme formammo la “giunta anomala” dalla quale a un certo punto uscì la corrente andreottiana ed entrò il Pci. In quel momento ci fu l’attentato dell’Addaura (i candelotti nella villa al mare di Giovanni Falcone che però non esplosero, Ndr).
Quale fu il significato di quell’attentato?
Fu un segnale molto serio e molto grave da non sottovalutare, cui seguì il rapido svolgersi del processo d’appello e quello della Cassazione, quest’ultimo preceduto dal delitto in cui morì il giudice Antonino Scopelliti. Non tocca a me dare giudizi su questa vicenda, anche perché i processi sono già stati celebrati. Lo stesso processo sulla trattativa riguarda una fase che si è svolta nel 1992, e staremo a vedere se sarà possibile arrivare a uno squarcio di verità in una delle notti più buie della storia della Repubblica.
(Pietro Vernizzi)