Sta facendo molto discutere la proposta avanzata da quattro senatori belgi – che ha già trovato un largo consenso parlamentare – di permettere l’attuazione dell’eutanasia anche ai minori portatori di handicap. E ricordiamo come proprio in Belgio sia in vigore dal 2002 una legge che consente ai malati gravi di chiedere un’iniezione letale per porre fine a tutte le sofferenze. Il fronte cristiano ha fatto muro e le maggiori autorità religiose del Paese hanno chiesto congiuntamente un passo indietro. Nel mentre, da noi ha fatto altrettanto discutere la dichiarazione di Lidia Ravera, assessore alla Cultura della Regione Lazio, che rispondendo alla proposta di Matteo Renzi di istituire cimiteri per i “bambini mai nati”, ha dichiarato: “no ai seppellimenti dei feti: sono grumi di materia”, aggiungendo come queste proposte siano un “brutto film, vecchio e clericale”. La bufera si è scatenata e da tutte le parti arrivano critiche (e pesanti) per la sua uscita, e c’è chi ha chiesto le dimissioni immediate. Per un commento abbiamo contattato Giulio Meotti (Il Foglio).
Partiamo dalla proposto avanzata in Belgio dell’eutanasia nei confronti dei nati con handicap o demenza: chi è che decide se una vita è degna o meno di essere vissuta?
Nessuno. Nessuno dovrebbe avere il diritto di decidere una cosa del genere. Ma nel caso di Belgio (e anche Olanda) è stata istituita una specie di sacra verità del medico che pensa di essere il custode e il decisore di quanto una vita valga la pena di essere vissuta. Si tratta di una sorta di umanitarismo falso e ipocrita che scarica la decisione dei genitori usandola come un alibi per porre fine alla vita di molti bambini.
Quindi la decisione viene presa in condivisione tra medici e genitori.
Esatto, ma viene scaricato sui genitori il peso della scelta, e nel caso degli anziani con l’Alzheimer, per dire, la parola viene data ai parenti. Il medico decide sulla base di una serie di parametri facenti parte di un protocollo che stabilisce quando la vita è meritevole o meno di continuare. Nel caso specifico dell’Olanda il discrimine in molti casi è stata la prima visita. E in merito, c’è stato proprio recentemente nei Paesi Bassi un caso di una donna non vedente alla quale è stata concessa l’eutanasia. La cecità è diventata un discrimine per dire che una vita può cessare.
Dove sono finite le politiche di sostegno alle famiglie che si trovano ad avere un figlio portatore di handicap?
Non è una questione economica: questi sono Stati ricchi. L’eutanasia non è mai un problema economico; è un problema di ideologia, una specie di necrofilia che si impone in una società. E in particolare il Belgio e i Paesi Bassi sono pionieri di queste nuove frontiere del “diritto di morire”, come lo chiamano loro.
Qual è dunque il punto?
Non è il fatto di che un genitore venga aiutato – certo dovrebbe essere così, con politiche materiali di sostegno e di lotta all’aborto selettivo di bambini con handicap –, ma in realtà è un problema di ideologia.
Ci spieghi.
Si impone ormai nella società una specie di mito negativo per il quale le vite di questi bambini sono sacrificabili. Così è infatti stato in Olanda con il protocollo di Groningen, dove appunto i pediatri della clinica universitaria di Groeningen, in accordo con la magistratura, hanno posto fine alle vite di quattordici bambini che non erano terminali, bensì affetti di gravi disabilità. È una vera e propria guerra al disabile, in pancia prima e nel caso poi dell’Alzheimer quando si è vecchi.
A casa nostra Lidia Ravera, assessore alla cultura del Lazio, ha detto no al seppellimento dei feti in quanto “grumi di materia”.
Lidia Ravera dovrebbe occuparsi dei suoi “Porci con le ali”. È una cosa immonda quella che ha detto. L’idea di non concedere a un genitore che perde un figlio in gravidanza il diritto di seppellirlo, vedendoci in questo un tentativo di indebolire la legge 194, è una vergogna intellettuale e ideologica. E Lidia Ravera ne ha già dette tante, non c’è da sorprendersi. Durante il dibattito sulla legge 40 (sulla procreazione assistita, nda) disse che gli embrioni erano “riccioli di materia”. È una sorta di ideologa inconsapevole.
Sempre la Ravera: “pensare di procurare sollievo alle non-mamme mandandole a piangere davanti a un quadratino di terra è sadismo di Stato”.
Lei può tranquillamente decidere di non andare sulla tomba di un bimbo morto, ma spero che lasci il diritto, in uno Stato liberale, a un genitore di andare a piangere e ricordare il proprio bambino o la propria bambina.
(Fabio Franchini)