Il 1° dicembre la Chiesa festeggia Sant’Eligio di Noyon. Eligio nacque vicino a Limoges, a Chatpelat, piccolo comune francese, nel 590 circa, da una famiglia di origini modeste. I suoi genitori, nonostante non fossero ricchi, gli diedero una buona istruzione, infatti il giovane venne preso come apprendista orafo da una personalità di spicco dell’epoca: l’orefice Abbone, che aveva anche l’onore di dirigere la zecca di Stato. Nella prestigiosa bottega del monetiere l’apprendista imparò in modo sorprendente, tanto che Clotario II, re franco della dinastia dei merovingi, lo nominò orafo di corte e gli diede l’incarico di dirigere la zecca di Marsiglia. Secondo la tradizione, il sovrano attribuì a Eligio questi incarichi non soltanto per la sua bravura ma anche per la sua buona fede e sincerità. Prova di tutto questo fu un episodio che capitò proprio a Clotario quando gli commissionò la realizzazione di un trono tutto d’oro. Il re gli mando il materiale necessario ed Eligio costruì due troni. Questo, ovviamente, impressionò positivamente Clotario che venne colpito dalla capacità tecnica ma, soprattutto, dall’onestà del Santo francese.
Con il successore di Clotario, Dagoberto I, l’ascesa di Eligio continuò. Fu chiamato alla sua corte e divenne prima monetiere e dopo tesoriere e intraprese anche una nuova carriera, quella di ambasciatore. Riuscì a risolvere alcune questioni diplomatiche alquanto delicate, come ristabilire la pace tra i Franchi e i Bretoni, persuadendo il re Giudicaele (che, in seguito, fu proclamato santo dalla Chiesa Cattolica) a diventare vassallo di Dagoberto. Il regno del sovrano merovingio fu uno dei più potenti di quegli anni e stando alla sua corte Sant’Eligio entrò in contatto con moltissimi personaggi importanti e influenti che, grazie alla loro collaborazione, permisero al regno di prosperare. Inoltre, alcuni di questi furono canonizzati dalla Chiesa Cattolica, come il vescovo San Desiderio di Chaors e il vescovo Audoeno di Rouen.
Come abbiamo detto precedentemente, Clotario II, rimase molto colpito dall’onestà di Eligio, che si accompagnava anche a una grande bontà d’animo, che lo portò a compiere opere di carità. Si dedicò a sostenere economicamente i più poveri e i malati e a pagare i riscatti dei prigionieri di guerra affinché venissero liberati. Finanziò la costruzione di diverse chiese e di numerosi monasteri sia femminili che maschili, tra questi ricordiamo nel 632 il convento del piccolo paese di Solignac che affidò all’abate Remaclo (anch’egli divenne successivamente santo) che aveva conosciuto alla corte di Dagoberto. La vita di corte, però, probabilmente non faceva per Eligio che, infatti, alla morte del sovrano si ritirò e scelse la vita religiosa e dopo due anni, nel maggio del 641, venne consacrato vescovo di Noyon Tournai.
Passò il resto della sua esistenza a portare avanti l’opera di evangelizzazione delle terre della parte settentrionale della Gallia. Molti territori appartenenti alla sua diocesi, come le regioni della Mosa e della Scelda, nelle terre dei Frisoni, infatti erano ancora abitate da numerosi pagani. In questa difficile opera, però, Sant’Eligio non fu da solo ma si accompagnò ad altri vescovi: Audoeno di Rouen (che poi scrisse la sua biografia), Amand di Tongres, Sulpizio il Pio di Bourges. E proprio durante una di queste campagne, trovò la morte in terra olandese nel 660.
I resti di Sant’Eligio furono riportati a Noyon solo nel 1952. La sua figura è molto famosa in Germania, Francia ed Italia, dove il Santo è particolarmente venerato. Nel nostro Paese, per esempio, viene celebrato in Sicilia, a Sciara in provincia di Palermo, e in Campania, al Casale del Pozzo di Nocera Inferiore in provincia di Salerno. È il patrono di orafi, maniscalchi, fabbri, garagisti e di veterinari. Sant’Eligio ha un forte legame con i cavalli, infatti la leggenda vuole che sia stato capace di riattaccare una zampa a un cavallo e, ancora oggi, in alcune località francesi nel giorno della sua festa si benedicono i cavalli.
Concludiamo con una divertente leggenda che si racconta su Sant’Eligio: un giorno il diavolo si presentò a lui vestito da donna, ma egli con una tenaglia lo afferrò per il naso, beffandolo. L’episodio è rappresentato nel Duomo di Milano e nelle cattedrali francesi di Le Mans e Angers.