Gli hanno fatto avere un bel panettone di quelli giganteschi e decorativi, a forma di presepe. Con tanto di stella cometa in cioccolato bianco. Spero lo mangi. Perché i bocconi dolci, per lui, iniziano a scarseggiare. Le avvisaglie c’erano state, sparse e pungenti, ma non strategicamente ordinate. Ora gli attacchi iniziano ad arrivare, con ritmo andante, quasi incalzante, ancora guardinghi, pieni di distinguo o subdolamente mascherati da omaggi.



Per Bergoglio, dopo l’apoteosi della copertina di Time, il contraccolpo di quella di The Advocate, la più blasonata delle riviste gay americane, con tanto di guancia tatuata dal “NO H8”, (no all’odio), sigla che sembra più un grido di battaglia che un invito all’amore. È sempre persona dell’anno e senza dubbio a lui è andata meglio che al povero Ratzinger umiliato da rossetto e cerone da drag queen, ma si è rotto qualcosa nella zuccherosa luna di miele tra papa Francesco e i media del mondo. È ancora il più efficace prodotto da esportazione di qualsiasi pagina ciclostilata, ma dopo nove mesi di pontificato e un bel po’ di governo c’è chi inizia a storcere il naso, e si accoda ai sempre scontenti che, con coerenza, sin dall’inizio avevano negato il placet. 



Basta dare un’occhiata a certe impaginazioni, dove il faccione di Bergoglio viene usato random per commuovere, provocare e insinuare. Così magari si finisce per ritrovare il Francesco dei poveri che invita i clochard più cane al seguito (i bastardini inteneriscono sempre) alla messa nel giorno del suo compleanno, accanto all’immagine in versione progressista con logo pro-gay, posizionata, in bella evidenza, sopra un articolo al vetriolo sul pontefice che si esercita nello spoil sistem, con cardinali troppo bacchettoni. 

Bella pensata. Se poi si aggiungono certe analisi o commenti che fioriscono come papaveri in un prato di margherite, macchiando una conforme e benevola predisposizione per il papa argentino, si comprende che qualcosa è cambiato. Persiste lo stupore per un pontefice che ha innescato una “rivoluzione della tenerezza”, meravigliando per semplicità e autenticità, ma s’incunea, lentamente e in modo implacabile, il dissenso su certe scelte che definiscono la sua idea di Chiesa. Il cantiere aperto da Bergoglio si allarga e mentre sono tanti gli operai a lavoro, non mancano maestri d’opera che si appoggiano al recinto per valutare con distacco se i muri son dritti o storti. 



Tutto per dire che l’enfasi con cui sono state riportate certe decisioni del Papa puzza: nasconde una volontà censoria e dissenziente, una prima informe stroncatura della sua azione pastorale e in fondo testimonia una palese incomprensione della sua persona e del suo magistero. 

Ci avevano già provato a metterlo contro il suo predecessore, a farne un campione di progressismo contro le oscurità di una chiesa tradizionalista e imbalsamata di dottrina, ora tentano la carta del lupo rivestito da agnello, del collegiale per sbaglio, con il sorriso aperto ma il pugno di ferro. Così si leggono in fila i nomi degli epurati, di chi è stato fatto fuori da Bergoglio perché antiabortista o troppo accentratore, si scrutano le mosse alla ricerca di una logica che non è mai quella presunta. 

Nello specifico non ho certezze sulla decisione di Francesco di tenere fuori dall’importante Congregazione dei Vescovi nomi come Raymond Leo Burke, Prefetto Supremo del Tribunale della Segnatura Apostolica, porporato americano noto per le battaglie antiabortiste e i gesti ad effetto (come quello di negare la comunione a John Kerry, segretario di Stato pro-choice) ma anche per l’opulenza di certe vesti liturgiche, o come Angelo Bagnasco, Presidente della Cei, cardinale impegnato nella complessa e difficile transizione della chiesa italiana, ma certamente non valuto la naturale alternanza secondo uno schema politico stantio e in fondo inadeguato. 

Non è questione di destra o sinistra, di minore o maggiore sintonia con l’azione bergogliana, di prontezza nell’accogliere nuovi orientamenti. È in gioco la riforma della Chiesa, la visibilità del nucleo della fede, l’essenzialità dell’esperienza cristiana e Francesco si muove sempre e comunque per dare ragione della Speranza che ha incontrato, amato e vissuto. Una Speranza che ieri durante la sua catechesi ha fatto gridare a tutta piazza San Pietro: “Gesù è Dio-con-noi”. 

Dio “schierato” una volta per tutte dalla parte degli uomini. Siano omosessuali, clochard accompagnati da cani zeccosi, cardinali antiabortisti. Un Dio misericordioso che si umilia e si abbassa pur di salvare un’umanità di cui mendica l’amore. Gli scontenti se ne facciano una ragione. 

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