Il 2 dicembre la Chiesa Cattolica ricorda e celebra Santa Viviana Martire, il cui nome, secondo la tradizione popolare, rappresenta vivacità, vitalità e in particolare la speranza di una sopravvivenza spirituale. Non abbiamo molte notizie certe riguardo la Santa, tranne che nacque a Roma nel 347 da una famiglia cristiana di nobili origini e che morì sempre nella capitale tra il 361 e il 363. Inoltre Papa Simplicio, il cui pontificato durò dal 468 al 483, consacrò una basilica sull’Esquilino dedicata a lei. Santa Viviana viene menzionata in particolare nel Liber Pontificalis (Libro dei Papi), nel capitolo dedicato al Papa di Tivoli. Per il resto ci sono arrivate per lo più voci e leggende che, però, hanno colpito i fedeli tanto da rendere Santa Viviana molto amata e celebrata. Le uniche informazioni sulla sua storia, ma da considerare non attendibili, arrivano dalla Passio Bibianae, un’opera di un autore del VII secolo che ci racconta del suo terribile martirio che sarebbe avvenuto durante le persecuzioni a Roma dell’imperatore Giuliano, definito dai cristiani l’Apostata perché aveva rinnegato la sua fede. Già questa notizia è piuttosto strana, visto che il regno di Giuliano (durato dal 361 al 363) fu caratterizzato dalla tolleranza di tutti i culti religiosi, compreso il cristianesimo di cui la famiglia di Viviana era seguace fin dai tempi di Costantino. Sempre secondo la Passio Bibianae, poiché l’imperatore risiedeva in oriente, ad occuparsi di queste improbabili persecuzioni fu il governatore di Roma Aproniano che, sempre secondo la leggenda, odiava particolarmente i cristiani perché riteneva che una loro maledizione gli avesse causato la perdita di un occhio. Si legge inoltre che Aproniano fu colui che prese la carica del padre della Santa, Flaviano prefetto di Roma sotto Costantino e Costanzo, e che lo fece esiliare costringendolo, così, a lasciare da sole ed indifese la moglie Dafrosa e le figlie Viviana e Demetria. Le tre donne, ormai certe dell’imminente martirio, furono prima private di tutti i loro beni e subito dopo arrestate affinché fossero costrette a rinnegare la fede in Gesù Cristo. Dafrosa e Demetria morirono quasi subito, la prima fu decapitata mentre la seconda morì d’ansia in carcere per la paura delle torture che le erano state paventate se avesse continuato a professare la sua religione. Aproniano, comprendendo la forza d’animo di Viviana, cercò di spingerla all’apostasia utilizzando un altro sistema: tentò di blandirla e sedurla facendole gustare i piaceri mondani.
Consegnò la giovane ad una squallida mezzana, Rufina, affinché la introducesse in un mondo dedito alla corruzione e alla perversione. E se l’integrità morale di Bibiana non si piegò per le minacce delle torture, divenne ancora più salda davanti a questi turpi tentativi di vincere la sua volontà. Il Governatore, ovviamente, non poté accettare l’ennesimo rifiuto di questa ragazzina (secondo la tradizione aveva solo quindici anni) e, così, la condannò a subire lo stesso supplizio che avevano subito i suoi familiari: fu legata ad una colonna e ferocemente flagellata con fasci di verghe e pallini di piombo. La giovane Santa morì dopo quattro giorni di martirio. La leggenda dice anche che Aproniano lasciò il suo corpo in balia dei cani randagi che, però, miracolosamente, lo lasciarono intatto. Così le sue spoglie furono raccolte dal presbiterio Giovanni e conservate nel palazzo di Flaviano che era abitato da una sua parente, la matrona romana Olimpia.