Bartolomeo Gagliano, pluriomicida 55enne, è evaso dal carcere genovese di Marassi non rientrando in cella dopo un permesso premio. La beffa? Era già evaso nel 1989. La domanda sorge spontanea: come è possibile che l’uomo abbia ottenuto tre giorni di permesso, nonostante i suoi trascorsi? Salvatore Mazzeo, direttore di Marassi ha dichiarato che non era a conoscenza di precedenti del killer, sapeva che era “semplicemente” un rapinatore. L’esempio di Gagliano – arrestato ieri a Mentone (in Francia) – è stato seguito a ruota da Pietro Esposito, camorrista pentito che ha approfittato di un permesso premio di 8 ore per fuggire dal carcere di Pescara dove era detenuto. Anche quest’ultimo è stato bloccato dalle forze dell’ordine: era a Forlì a casa della sorella. Abbiamo contattato il senatore (Pd) Luigi Manconi, già ministro della Giustizia, presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani e da sempre in prima linea per migliorare le condizioni dei carcerati.



Come commenta il caso Gagliano, professore?

Dal punto di vista strettamente amministrativo e giudiziario, in realtà, la questione ha una sua disarmante semplicità. La metto sul piano filosofico.

Ovvero?

Se il magistrato ha svolto tutti i controlli è semplicemente accaduto – anche se questo avverbio può suonare sinistro, visto il caso – quello che può sempre accadere, cioè che il destino o il peccato originale (per chi ci crede), la fallibilità degli esseri umani o il male hanno prevalso e dunque una persona alla quale era stata concessa della fiducia l’ha tradita. Ovviamente se fosse vero il contrario, cioè che non sono state svolte tutte le verifiche necessarie, sarà l’amministrazione della giustizia che dovrà sanzionare l’errore fatto. Ma attenzione…



Dica

Il fatto che io metta la questione su un piano che può apparire astratto è invece una cosa assolutamente necessaria da fare, perché a un quarto di secolo dalla prima evasione (avvenuta alla fine degli anni 80) nessun uomo al mondo è in grado di indagare fino in fondo l’animo di una persone per potere prevedere la reiterazione di un comportamento negativo. Dopo così tanti anni, se non ci sono prove del contrario, si assume che a quella persona possa essere data una secondo chance.

Il direttore del carcere ha detto che non sapeva bene chi fosse, sapevano che era un rapinatore… Le pare pssibile?



Non credo che sia possibile. Ho una qualche esperienza di carcere e i direttori degli istituti conoscono il curriculum criminale delle persone recluse.

Ma si tratta di un caso raro e isolato?

Assolutamente sì. Tutti (ma proprio tutti) i dati statistici dicono che il numero delle evasioni dal carcere, il numero delle evasioni dai benefici (permessi premio, ndr) e il numero dei reati commessi durante il godimento di quegli stessi benefici è bassissimo. Siamo in una fascia, che per quanto riguarda i reati commessi contro le disposizioni che limitano la libertà di movimento nell’esecuzione domiciliare, sotto all’1%. Ripeto, tutti i dati vanno in questa direzione e dicono inoltre che la pena scontata al proprio domicilio ha un effetto educativo estremamente forte. 

 

E’ sorpreso di quanto accaduto?

No. Ormai ogni volta che ci sono provvedimenti che intervengono sul carcere, quando accadono due o tre episodi del genere, immediatamente c’è una strumentalizzazione indecente di questi fatti di cronaca per criticare le scelte che vanno nella direzione della riduzione delle pene…

 

Secondo lei c’è un’opposizione mediatica ai provvedimenti di clemenza e potenziamento delle pene alternative che Giorgio Napolitano continua a chiedere al Parlamento?

Lo ritengo più un riflesso condizionato. Certo, da parte di qualche giornale particolarmente reazionario c’è la volontà di utilizzare questi eventi, mentre per quanto riguarda la grande parte dei media c’è semplicemente quel che le dicevo.

 

E l’umore della popolazione?

Ovviamente risente di questo riflesso; stiamo parlando di misure, scelte e opzioni destinate fatalmente a non godere di larga popolarità. La politica deve saperlo e affrontarlo.

 

Cerchiamo di collegare questo discorso con quando accaduto a Serle, dove un uomo, Mirko Franzoni, ha trovato in casa un ladro albanese e in seguito a una colluttazione lo ha ucciso.

Secondo me non si tratta di cose agevolmente collegabili. In questo caso particolare abbiamo una vicenda tragica.

 

La Lega si è sempre molto battuta per la legittima difesa.

C’è una norma voluta dal ministro Roberto Castelli che rende più agevole il ricorso all’uso alla armi nel caso ci sia un’effrazione e un ingresso nel proprio domicilio. Si tratta di situazioni tragiche sulle quali non è facile discernere le responsabilità, le ragioni e i torti. Ripeto, è una tragedia: è una tragedia che un uomo abbia subito un’invasione del proprio domicilio, che la persona responsabile sia morta che il padrone di casa lo abbia ucciso. 

 

Il paese, Serle, si è schierato dalla parte di Franzoni.

La cosa più oscena che si possa fare in questo momento è trasformare il signore in questione in un eroe, nel rappresentante della strategia del farsi giustizia da sé nel simbolo dell’autodifesa. È un uomo sfortunato che si è trovato in una condizione che ha portato alla morte di un altro uomo. Non vi è nulla di eroico nel suo gesto. Ora bisogna preoccuparsi di lui, del suo stato psicologico, delle sue reazioni… non certo farne – e lo ribadisco – un eroe.

 

Tornando alle evasioni, il braccialetto elettronico potrebbe essere un buon deterrente?

Penso di sì, ma lo dico senza entusiasmo. Personalmente sono sempre stato molto perplesso in merito per ragioni culturali e di diritto. Dopo di che nella situazione attuale, dove tutto è un disastro senza limiti e vie d’uscita, anche il braccialetto elettronico potrebbe essere un fattore di deflazione del sovraffollamento delle carceri.

 

E se le prigioni fossero più vivibili  e le condizioni dei detenuti nelle celle fossero più umane, la tentazione di evadere sarebbe più bassa?

Rovescio il discorso. Le carceri attuali, dove si fa strame della dignità della persona e dove non un solo dei diritti fondamentali viene rispettato, sono il massimo incentivo alla riproduzione all’infinito di crimini e criminali. Queste carceri sono l’attentato più pericoloso alla sicurezza collettiva di tutti noi che (probabilmente) in carcere non finiremo mai.

 

(Fabio Franchini)