“Sulle nozze gay come sull’eutanasia, la tecnocrazia dei custodi illuminati del diritto finisce sempre per prevalere sul comune sentire dei popoli espresso attraverso elezioni e referendum”. Lo afferma Massimo Introvigne, fondatore e direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni, commentando il Quinto Rapporto sulla Dottrina Sociale della Chiesa che cita l’“ingiustizia legale” come uno dei principali rischi dell’epoca in cui viviamo. Qualcosa cioè ratificato da leggi e Costituzioni ma che si pone palesemente in contrasto con la giustizia. Ne è un esempio il caso della Croazia, il cui Parlamento ha avviato una modifica della Costituzione per rendere meno facile il ricorso alle consultazioni popolari, dopo che i cittadini si sono espressi in un referendum contro le nozze gay.



Professor Introvigne, che cosa ne pensa dei concetti contenuti nel Rapporto?

Quanto espresso nel Quinto Rapporto sulla Dottrina Sociale della Chiesa è l’evoluzione dell’idea di “tecnocrazia” che nei rapporti precedenti era già presente sulla scia degli insegnamenti di Papa Benedetto XVI. Se noi leggiamo la Caritas in Veritate e il discorso di Ratzinger al Policlinico Gemelli, scopriamo che il termine “tecnocrazia” ha un significato più profondo del prevalere della scienza rispetto ad altre istanze. Per Benedetto XVI si identifica piuttosto con il tentativo dei poteri forti, sulla base di un preteso sapere superiore, di sostituirsi al comune sentire del popolo.



Può fare un esempio di che cosa intende la Chiesa con il termine “tecnocrazia”?

Negli Stati Uniti prima del 2012 ci sono stati 30 referendum in materia di matrimoni omosessuali. In 30 Stati su 30 hanno vinto i no, compreso nella California che fin dal 1969 è stata la culla dell’attivismo gay. Solo nel 2012 ci sono stati due referendum che sono andati in una direzione diversa. Eppure con una sentenza della Corte suprema del giugno scorso e con altri pronunciamenti di numerosi tribunali locali, il risultato di questi referendum contro le nozze gay è stato dichiarato irrilevante. In pratica va bene se i cittadini votano a favore delle nozze gay, ma se votano contro sono arretrati e poco illuminati.



In questo contesto quale ruolo vengono ad assumere i giudici?

I magistrati devono pensare a svolgere una funzione pedagogica, educare gli elettori ed eventualmente impedire che la loro volontà espressa nei referendum influenzi le leggi. Ciò cui stiamo assistendo in Croazia è esattamente un “remake” di quanto abbiamo visto negli Stati Uniti. In pratica i magistrati si arrogano un ruolo pedagogico “bastonando” i cittadini che non si adeguano al pensiero progressista. Ritengo un fatto molto allarmante che queste sentenze rivelino una concezione tale per cui la volontà del popolo non vale nulla, a meno che quest’ultima sia illuminata e conforme ai diktat dei poteri forti.

 

Lei ritiene che su questi temi Papa Francesco abbia segnato una discontinuità rispetto a Benedetto XVI?

No. Quanto affermato da Ratzinger sulla tecnocrazia va di pari passo con la dura denuncia di “poteri anonimi e vagabondi”, contenuta nella Evangelii Gaudium di Papa Francesco. Lo stesso Bergoglio in una delle sue omelie di Santa Marta ha citato Il Padrone del mondo di Robert Hugh Benson, affermando che queste concezioni portano poi ai sacrifici umani.

 

A quale proposito il Papa ha citato Benson?

Voi pensate che oggi non ci siano più i sacrifici umani – ha sottolineato Papa Francesco in quell’occasione -, mentre non è così, e ci sono delle leggi che li organizzano”. Da un lato quindi c’è una questione sostanziale, cioè le leggi che legittimano l’aborto, il suicidio assistito e l’eutanasia dei bambini. Dall’altra c’è un aspetto formale, cioè quando il popolo si esprime su questi temi con un referendum i cittadini sono poi contraddetti dai giudici in nome della tecnocrazia.

 

Nel momento in cui il diritto positivo ha sostituito quello naturale, in nome di che cosa un giudice può intervenire per cambiare il risultato di un referendum?

In nome dell’idea che esista una gerarchia dei diritti. Le faccio un esempio molto chiaro. Nel negare il diritto all’obiezione di coscienza dei pubblici ufficiali nei confronti delle nozze omosessuali, la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha stabilito che la libertà religiosa viene dopo il diritto degli omosessuali all’uguaglianza assoluta con le coppie formate da persone dello stesso sesso.

 

(Pietro Vernizzi)