Tra i santi che vengono celebrati il 6 dicembre, un posto di particolare riguardo spetta a San Pietro Pascasio (Pedro Pasqual), il quale rimase vittima dell’integralismo di carattere islamico nel 1300, quando venne martirizzato per non voler rinunciare alla sua fede. Pedro Pascual nacque a Valencia, in Spagna, in data non precisata, ma intorno al 1225. La sua nascita è attribuita alle fervide preghiere di cui fu protagonista San Pietro Nolasco in favore dei suoi genitori, che erano da lungo tempo sterili e che di conseguenza accolsero il suo arrivo come un vero e proprio dono divino. Dopo aver condotto i primi studi presso le scuole dei Benedettini, nel 1241 Pedro Pascual fu inviato all’Università di Parigi, con il preciso compito di affinare la sua preparazione. Nella capitale transalpina, fu compagno di studi di San Tommaso e di San Bonaventura. Il suo dottorato si concluse con successo in quattro anni, al termine dei quali fu ordinato in qualità di sacerdote.Una volta tornato a Valencia decise di dedicarsi alla predicazione sino al 1250, anno nel quale entrò a far parte dell’Ordine di Maria della Mercede. Lo fece nel convento di Saragozza, dove si dedicò all’insegnamento di lettere e teologia. Tra coloro che ebbero il privilegio di essere suoi discepoli, ci fu anche il figlio del re di Spagna Giacomo I, Sancio. Quando il giovane venne chiamato a rivestire l’incarico di vescovo nella città di Toledo, da parte di papa Clemente IV, nell’agosto del 1266, fu tra coloro che lo accompagnarono a Viterbo. La sua collaborazione con lo stesso Sancio fu dedicato alla direzione della diocesi e terminò in maniera drammatica quando il vescovo di Toledo fu prima fatto prigioniero dai Mori e quindi decapitato, nel corso del 1275.
Negli anni che seguirono questo tragico evento, Pietro Pascasio percorse in lungo e in largo l’intera penisola iberica, tra Spagna e Portogallo, con il preciso fine di portare conforto con la sua predicazione a tutti i cristiani che erano stati fatti schiavi dall’invasore arabo. In questo periodo, si dedicò anche alla costruzione di una serie di conventi per conto dell’Ordine dei Mercedari, che era stato fondato proprio da San Pietro Nolasco nell’agosto del 1218.Fu proprio su incarico dell’Ordine che nel corso del 1291 si diresse verso Roma, dando luogo a una costante predicazione in ogni luogo toccato nel corso del suo cammino. Dopo aver attraversato tutta la Francia e aver disceso la penisola, arrivò infine ad Orvieto, nell’agosto dello stesso anno, ove incontrò papa Niccolò IV. Tornò di nuovo in Italia cinque anni dopo, quando papa Bonifacio VIII lo proclamò vescovo per la diocesi di Jaèn. La consacrazione avvenne in una basilica dell’isola Tiberina, dedicata a San Bartolomeo.
Una volta tornato in patria, iniziò un duro lavoro teso al riordino della diocesi che gli era stata assegnata, la quale si trovava senza titolare ormai da sei anni, risultato più evidente dell’occupazione dei Mori. Proprio mentre stava visitando il territorio, gli arabi riuscirono a catturarlo, nel 1297, trasportandolo a Granada, che era la sede di Moley Mahomed, il sovrano musulmano. Il re lo dichiarò suo schiavo, ma poiché era tributario diretto del re di Spagna, gli concesse il permesso di girare liberamente lungo la città, al fine di portare consolazione ai cristiani fatti schiavi e istruzione a quelli rimasti liberi. Quando Pietro Pascasio riuscì a comunicare al papa la condizione in cui era costretto ad operare, Bonifacio VIII dette ordine alla curia di raccogliere la somma per la sua liberazione, tramite le elemosine, ma lo stesso Pietro per ben due volte decise di usare la stessa per liberare donne e bambini che si trovavano in situazione di pericolo.La sua condizione di libertà condizionata, gli permise comunque di redarre scritti su argomenti dottrinari e di teologia, con una particolare attenzione alla Immacolata Concezione, con un netto anticipo sugli argomenti che sarebbero poi stati adottati da Giovanni Duns Scoto.
Una produzione che rivela la sua profonda conoscenza delle principali lingue che in quel preciso momento storico andavano per la maggiore nel continente, oltre che di arabo, aramaico ed ebraico. Una conoscenza che gli permise di dare luogo ad accese dispute con musulmani ed ebrei, nelle quali confutava quelli che riteneva errori dottrinari. Proprio le numerose conversioni operate da Pietro Pascasio, portarono infine i musulmani a prendere la risoluzione di chiuderlo in una prigione per poi condannarlo a morte, sentenza eseguita tramite decapitazione, il 6 dicembre del 1300.