Giovannino Guareschi, l’autore italiano più tradotto nel mondo, in “Favola di Santa Lucia” racconta di un ragazzino che, andato a vivere in città col papà dopo la morte della mamma, convinto che Santa Lucia non sappia ancora del suo trasferimento, ritorna a piedi al paese per esporre la sua scarpa alla finestra e lasciare dei crostini di pane per l’asino della santa. Il papà, un uomo “cupo e di poche parole”, va a cercarlo di notte al paese, sveglia il negoziante e compra dei regali perché il figlio possa credere che sia stata Santa Lucia a portarglieli. Era stata sua moglie, infatti, prima di morire, a raccomandarsi: “Non me lo guastare, Carletto, il mio ragazzo. Lascialo così…”. L’ingenua bontà che viene richiamata in questo racconto bellissimo e delicato è quella consapevolezza nascosta in ogni persona che fa vivere la vita come un dono, irriducibilmente certi della sua positività. Ed è ciò che descrive anche l’atmosfera della festa di Santa Lucia nella nostra tradizione: un giorno speciale, legato alla gratuità, che è “dono di sé commosso”, come diceva don Luigi Giussani, perché l’uomo stesso è un dono che viene dalla commozione di Dio, che per questo ha donato suo figlio. E se l’indagine Istat uscita nel mese di novembre sulla vita quotidiana degli italiani segnala un peggioramento della situazione economica che riguarda il 58,6% della popolazione (rispetto al 55,8% dell’anno precedente), la soddisfazione complessiva per le condizioni generali di vita resta stabile ed è indicata con un grado di 6,8 su 10. In un momento di crisi come l’attuale, quella positività di fondo che non si fa schiacciare dalle difficoltà e continua a investire sull’inesorabile bontà del reale si fa sentire. Anche nella tentazione nichilista e qualunquista di cui si serve ogni potere, ciò che prevale nella gente-gente è l’affermazione di un altro modo di vedere la vita, quello del papà di Cesarino, il protagonista del racconto di Guareschi. Secondo una ricerca del Censis sui valori degli italiani nel 2013, il 40% degli intervistati si è detto molto disponibile a far visita agli ammalati e il 29,5% afferma di ricevere molta carica dalla possibilità di aiutare qualcuno in difficoltà. Sull’immagine di un’Italia disperata, egoista e rinchiusa in sé prevale piuttosto quella determinata da un desiderio di bene, di gusto della vita, di voglia di donarsi al prossimo.



Come mostra anche la Cena di Santa Lucia che si svolge a Padova da dodici anni e quest’anno (il 9 dicembre) devolverà i proventi in favore di progetti AVSI per profughi siriani, studenti kenioti, giovani delle periferie di Lima, ragazzi ucraini orfani e invalidi. E ancora, per un ospedale e un’università in Etiopia, una casa per malati terminali in Cile e un ospedale di Betlemme. Questa e tante altre iniziative come la Colletta del Banco alimentare che si è svolta lo scorso 29 novembre nei supermercati italiani, sono segno ed espressione dello spirito veramente umano che potrà permettere al nostro popolo di uscire da tutte le crisi. Chi più dona, più ha perché ha una visione della realtà capace di andare al di là del contingente, del misurabile. Santa Lucia non è un mito, ma una santa che nella vita reale ha sacrificato la sua esistenza per il bene degli altri e per questo ha segnato così profondamente la nostra gente.

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