Il Center for Disease Control and Prevention lo dice chiaramente: il 46% dei neonati americani avuti per fecondazione in vitro non nascono “singoli”, ma in coppia, tripletta (o più) di gemelli e il 37% sono prematuri, contro il 3% di gemelli nella popolazione generale e il 12% di prematuri. Quando tutto va bene questo dato può essere trascurato, ma di solito mette un po’ d’ansia anche negli operatori, perché nascere gemelli o nascere prematuri sono entrambi eventi che portano un rischio per la salute del bambino. L’aumento negli ultimi 10 anni delle nascite multiple e la loro correlazione con i trattamenti medici per la fertilità è ben documentato dall’ultimo numero della prestigiosa rivista New England Journal of Medicine, che tuttavia nota un declino di questo trend negli ultimi anni, per la tendenza ad impiantare nell’utero un numero sempre più basso di embrioni. Il problema sembrerebbe risolto. Tuttavia alcuni studi mostrano rischi per la salute superiore alla popolazione generale, anche nel caso dell’impianto di un singolo embrione. Basta leggere l’articolo “Why do singletons conceived after assisted reproduction technology have adverse perinatal outcome? “ (“Perché i neonati singoli concepiti con FIV hanno conseguenze avverse?”) pubblicato a Marzo 2013 nella rivista USA Human Reproduction Update. Ma c’è altro: e questo ce lo mostra una piccola espressione rivelatrice: “uno alla volta” usato quando si parla di come impiantare nell’utero i singoli embrioni. Infatti il Kansas City Star titola il 2 dicembre: “Citing an epidemic of twins, fertility doctors advocate using one embryo at a time”, cioè “i dottori supportano l’idea di usare un embrione alla volta”. Questa espressione ha due punti che non ci piacciono. Il primo è l’espressione “usare” riferito all’essere umano, piccolo embrione o grande giornalista che esso sia: l’essere umano non può mai essere “usato” da altri. E che l’embrione sia un essere umano è lapalissiano: lo insegnano a scuola, dalle elementari all’università. L’altro punto che non ci piace è l’idea di usarne “uno alla volta”, che magari può anche dare dei vantaggi, ma… gli altri embrioni-esseri-umani che fine fanno? Lo lasciamo alla vostra documentazione. Comunque di solito non vengono più usati (sono inutili) e non nascono; e allora l’uno alla volta finisce per essere la vita per chi ce la fa e il congelamento per gli altri. Con un possibile impatto psicologico anche per il sopravvissuto quando saprà di essere il campione di un gruppetto di fratelli-embrioni che invece sono “rimasti indietro”, come ben spiega lo psichiatra francese Benoit Bayle nel libro “L’embryon sur le divan”. La legge 40 italiana invece per evitare questo proibisce di “creare” più embrioni di quanti poi se ne impiantino nell’utero, e lascia la libertà di fecondarne e poi impiantarne anche uno solo. Ci sembrano buone garanzie.