L’inquinamento dell’aria uccide anche a piccole dosi e anche al di sotto dei limiti di polveri sottili imposti dall’Unione europea, quelli oltre i quali scattano automaticamente le misure anti-smog. L’allarme è stato lanciato dal recente studio internazionale Escape (European Study of Cohorts for Air Pollution Effects), coordinato dalla Università di Utrecht in Olanda e pubblicato sull’autorevole rivista scientifica The Lancet. Dopo aver analizzato per anni la qualità dell’aria e i suoi effetti nelle grandi città di tredici Paesi europei, coinvolgendo circa 360mila cittadini, la ricerca ha dimostrato che, per ogni aumento di 5 microgrammi/metro cubo di polveri sottili (PM2,5) nell’aria, aumenta anche il rischio di morire del 7%. Inoltre un effetto sulla mortalità è stato notato anche a esposizioni molto basse, anche se ovviamente il rischio è maggiore nei centri più inquinati (tra cui molte città italiane, dove si raggiungono anche i 30 mg/m3). In Italia lo studio è stato condotto a Roma, a Torino e a Varese, interessando circa 30mila persone, ma i dati finali non sono diversi da quelli emersi a livello europeo. Secondo gli autori della ricerca, “i risultati suggeriscono un effetto del particolato anche per concentrazioni al di sotto dell’attuale limite annuale europeo di 25 mg/m3 per il PM2,5. L’Organizzazione Mondiale della Sanità propone del resto come linea guida 10 mg/m3 e i nostri risultati supportano l’idea che avvicinandoci a questo target si potrebbero raggiungere grandi benefici per la salute delle persone”.