Oggi, 13 febbraio, la Chiesa ricorda Santa Fosca e Santa Maura martiri. Per i cristiani alto esempio di fede salda e integrità morale. Santa Maura è la patrona delle nutrici e delle babysitter.  Il suo nome pare sia invocato dai fedeli per guarire dalle incontinenze urinarie. L’iconografia ufficiale ritrae Santa Fosca con in mano la palma del martirio. La storiografia ufficiale non dà certezze sulla reale origine delle due sante, essa rimane così avvolta nella leggenda. 



È verosimile però che provenissero dal Nord Africa. Ne darebbero credibile testimonianza i loro nomi, Fosca (scura) e Maura (originaria della Mauritania), i quali, più che riferirsi a figure storiche realmente esistite, potrebbero discendere dalla provenienza geografica delle reliquie. Secondo la narrazione dell’agiografia più accreditata, Fosca, figlia unica di una nobile famiglia pagana, nacque a Sabrata, una città della Libia, nel III secolo e venne allattata da una giovane balia del luogo, di nome Maura, la quale continuò a rimanerle accanto nel tempo.



Nel 250, anno in cui l’Imperatore Decio ordinò una persecuzione dei cristiani, Fosca, che all’epoca era un’adolescente di soli 15 anni, avvertì prepotente il desiderio di abbracciare la fede cristiana. Si confidò con l’amata nutrice che, colpita dal fervore della ragazza, l’appoggiò e ne condivise la scelta di farsi battezzare. All’insaputa di tutti si recarono dal prete Ermolao che, dopo averle istruite, amministrò loro i sacramenti del Battesimo e dell’Eucarestia. Ben presto i genitori di Fosca vennero a conoscenza della conversione dell’amata figlia. Tentarono di farla ricredere con ogni mezzo, anche negandole cibo e bevande e ricorrendo a minacce, ma tutto fu inutile. Infine, il padre di Fosca, Siroi, confidando in un estremo ravvedimento di sua figlia, decisa di denunciare lei e Maura all’autorità del governatore Quintiliano perché le arrestasse. 



Avvenne che i soldati, incaricati dell’arresto, giunti in casa, non osassero portare a termine il loro compito e condurle con loro. Le trovarono infatti in preghiera, non da sole, ma in compagnia di un angelo così avvolto di luce da non riuscire a guardarlo. Furono allora Fosca e Maura a consegnarsi al governatore di propria volontà. Irremovibili, continuarono a professare la loro fede fervente rifiutandosi ripetutamente di abiurarla. Subirono la tortura e la flagellazione, infine vennero uccise con un colpo di spada nel fianco e decapitate. 

Non è certo se i corpi martoriati delle donne venissero abbandonati in mare o trafugati da marinai. Giunsero comunque in Tripolitania, Libia. Qui furono sepolti nelle grotte presso la località di Sabratha (oggi Saqratha). Dopo molti anni, durante l’occupazione della regione per mano degli Arabi, un marinaio cristiano di nome Vitale trafugò una seconda volta i poveri corpi per portarli in Italia.  L’approdo fu a Torcello, un’isola della laguna veneta.  Qui venne eretta in onore delle due martiri la Chiesa di Santa Fosca.

Questa piccola chiesa forma un unicum con la Basilica e il Battistero di Torcello, la sua architettura circolare, con cupola e portici ai lati, richiama fortemente le linee del San Vitale di Ravenna.  Forse discende da questa somiglianza una seconda versione sulle origini di Fosca e Maura che le vedrebbe native di Ravenna e a tal proposito anche il nome del marinaio che condusse le spoglie a Torcello non sarebbe casuale.

Nella chiesetta di Torcello si può ammirare un pregevole dipinto che raffigura Santa Fosca e Santa Maura in preghiera, in serena contemplazione, e venerare le reliquie delle due sante poste sotto l’unico altare. Sembra che una tibia del corpo di Santa Fosca manchi perché donata alla Chiesa di Santa Fosca di Venezia, il 13 Settembre del 1592, dal Vescovo di Torcello, successivamente Patriarca d’Aquileia, Antonio Grimani.  Altre reliquie di Santa Fosca si troverebbero, secondo quanto asserisce Cesare Masini, letterato e artista bolognese, nella sua Bologna illustrata, proprio a Bologna, venerate nella Chiesa di Santo Stefano. 

Il culto di Santa Fosca ha ispirato la fondazione di un Centro di Pastorale Universitaria a suo nome a Venezia rivolto non solo alla formazione religiosa, ma anche all’accoglienza di turisti e studenti bisognosi.