Nell’ambito dell’ondata di arresti che sta attraversando lo Stivale, un provvedimento di custodia cautelare è toccato anche all’imprenditore Angelo Rizzoli, fermato oggi, a Roma, dal nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza su disposizione della Procura di Roma.  Rizzoli è accusato di bancarotta fraudolenta. La procura, in particolare, gli ha addebitato un buco da 30 milioni di euro. Contestualmente, gli sono stati sequestrati beni mobili e immobili per un valore di sette milioni di euro. Tra questi, la residenza della famiglia Rizzoli ai Parioli, la tenuta “Cà de dogi” e alcuni terreni a Capalbio. In particolare, è stato accusato di aver provocato intenzionalmente e con dolo, nelle vesti di presidente della Rizzoli audiovisivi srl, oggi Tevere audiovisivi srl, il fallimento di 4 società controllate, ovvero la Produzioni internazionale srl, Ottobre film srl, Delta produzioni srl e Nuove produzioni srl. A quanto risulta dalle indagini, gli amministratori delle società controllate era dei semplici prestanome. Tutte le operazioni erano pianificate e dirette da Rizzoli stesso. Pare che, in sostanza, si avvalesse delle suddette società per produrre prodotti televisivi e cinematografici in subappalto alla holding Rizzoli audiovisivi. I ricavi venivano interamente acquisiti dalla controllante, che ometteva il pagamento delle fatture alle controllate le quali si trovavano nelle condizioni di non essere in grado di onorare i propri pagamenti. E, in particolare, di restituire 14,5 milioni di euro all’Erario e 6 milioni di euro all’Inps e all’Enpals. Tutti i proventi della holding, poi, venivano dissipati, in particolare, in acquisizioni immobiliari. Rizzoli avrebbe fatto fallire le società, secondo gli inquirenti, non tanto per salvare il salvabile della holding, ma per il suo profitto personale. Le indagini sono state coordinate dalla procura della Capitale (dal procuratore aggiunto Nello Rossi e dai sostituti procuratori Francesco Ciardi e Giorgio Orano), e sono state avviate dopo il 30 aprile 2012,  giorno in cui la Tevere Audiovisivi aveva fatto istanza di concordato preventivo.



Le società avevano prodotto, tra le altre cose, alcune fiction come Capri, Il Generale della Rovere, Cuore, Ferrari e il film Si può fare, diretto da Giulio Manfredonia e con Claudio Bisio.

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