A due settimane dal termine del suo Pontificato, Benedetto XVI ha incontrato oggi, per l’ultima volta, i sacerdoti della diocesi di Roma guidati dal cardinale vicario Agostino Vallini. Accolto da un lunghissimo applauso all’interno dell’Aula Paolo VI, il Santo Padre ha svolto un’ampia riflessione, a braccio, riguardo la sua esperienza al Concilio Vaticano II (utilizzando le sue stesse parole, “una piccola chiacchierata sul Concilio Vaticano II”). “Noi siamo andati al Concilio non solo con gioia, ma con entusiasmo – ha detto Benedetto XVI nell’intervento successivamente riportato da Radio Vaticana – C’era un’aspettativa incredibile. Speravamo che tutto si rinnovasse, veramente che venisse una nuova Pentecoste, una nuova era della Chiesa”. La speranza, ha poi proseguito, era che la Chiesa potesse essere nuovamente “la forza del domani e la forza dell’oggi”. Eravamo “pieni di speranza, di entusiasmo – ha poi ribadito – e anche di volontà di fare il nostro” affinché ciò potesse avvenire. “Io trovo adesso retrospettivamente che era molto bene cominciare con la liturgia, così appare il primato di Dio, il primato dell’Adorazione”, ha detto Benedetto XVI, definendo il mistero pasquale come “centro dell’essere cristiano, e quindi della vita cristiana”. “In questo senso – ha aggiunto – è peccato che oggi si sia trasformata la domenica in fine settimana, mentre è la prima giornata, è l’inizio: interiormente dobbiamo tener presente questo, è l’inizio, è l’inizio della Creazione, della ricreazione della Chiesa, incontro con il Creatore e con Cristo Risorto”. Il Papa ha voluto poi ricordare l’importanza che il Concilio Vaticano II ha avuto riguardo l’intelligibilità dei testi e la partecipazione attiva, principi che purtroppo “sono stati anche male intesi”. Intelligibilità, infatti, “non dice banalità, perché i grandi testi della liturgia hanno bisogno di una formazione permanente del cristiano, perché cresca ed entri sempre più in profondità del mistero e così possa comprendere”. “Solo una formazione permanente del cuore e della mente – ha quindi spiegato – può realmente creare intelligibilità ed una partecipazione che è più di una attività esteriore, che è un entrare della persona, del mio essere nella comunione della Chiesa e così nella comunione con Cristo”. Il Concilio Vaticano II ci ha dunque insegnato che, entrando in comunione con Cristo, “siamo avvero popolo di Dio”, anche se il papa ha voluto sottolineare che ancora molto si può fare affinché si possa “arrivare a una lettura realmente nello spirito del Concilio” la cui applicazione “ancora non è completa”.



La parte conclusiva del suo intervento si è poi concentrata sul ruolo dei mezzi di comunicazione. “C’era il Concilio dei Padri, il vero Concilio, ma c’era anche il Concilio dei media”, ha detto. “Per i media il Concilio era una lotta politica, una lotta di potere tra diverse correnti nella Chiesa”. C’erano infatti “quelli che cercavano la decentralizzazione della Chiesa, il potere per i vescovi e poi, tramite la parola ‘popolo di Dio’, il potere del popolo dei laici”. “Non interessava la liturgia come atto della fede”, ha detto Benedetto XVI rammaricato, ma “come una cosa di attività della comunità, una cosa profana”, giungendo dunque a vere e proprie “banalizzazioni dell’idea del Concilio”, un Concilio “virtuale” anche “più forte” di quello reale. “Mi sembra che 50 anni dopo il Concilio – ha quindi concluso – vediamo come questo Concilio virtuale si rompe, si perde e appare il vero Concilio con tutta la sua forza spirituale. Ed è nostro compito, proprio in questo Anno della Fede, lavorare perché il vero Concilio, con la forza dello Spirito Santo si realizzi e sia rinnovata la Chiesa”.

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