“Motu proprio”, ovvero di propria iniziativa. Se si traduce dal latino, il significato appare subito chiaro: si tratta di un atto personale, non sollecitato da altri, né persone né istituzioni. In epoca moderna, se si parla di “Motu proprio” si pensa subito ad un atto del Pontefice – unico sovrano assoluto di prestigio internazionale rimasto –  ma nel passato tale formula costituiva l’esordio dell’atto con il quale un sovrano concedeva di sua iniziativa (vera o solamente formale) un’onorificenza, stabiliva qualche concessione o emanava norme particolari. Il “Motu proprio” è quindi uno strumento che il Pontefice utilizza quando vuole personalmente introdurre delle novità o dare indicazioni ai fedeli. A seconda delle necessità può essere una Lettera apostolica, l’introduzione di una nuova normativa, l’istituzione di una nuova realtà ecclesiale. Il “Normas nonnullas” emanato il 22 febbraio 2013 da papa Benedetto XVI e reso pubblico lunedì 25 febbraio, è il diciassettesimo a sua firma in poco meno di otta anni di pontificato e introduce modifiche alle modalità di elezione del Pontefice. Giovanni Paolo II utilizzò questo strumento in modo più parco, utilizzandolo 25 volte nell’arco del suo lungo pontificato, protrattosi per quassi 27 anni.



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