Genitori condannati perché, dice la sentenza, non hanno educato bene i loro figli: “oggettive carenze educative e deficit di attenzione”. E’ il caso di una coppia di genitori condannata a risarcire con 800mila euro la vittima dei loro due figli, un altro giovane che i due avevano tentato di assassinare a coltellate “perché non sapeva tenere il tempo quando suonava la chitarra nella loro band”. Il caso si apre a diverse valutazioni: è giusto condannare i genitori per le colpe dei figli, e soprattutto può lo Stato dire che dei genitori non sanno educare? E cosa vuol dire “educare bene”? Ilsussidiario.net lo ha chiesto a Erasmo Figini, fondatore della comunità familiare La Cometa di Como: “Lo Stato e dunque i giudici hanno tutti i mezzi a disposizione per dire se un genitore è in grado di fare il genitore o no, attraverso professionisti che ci sono e che possono valutare i singoli casi. E’ un lavoro molto delicato, ma i professionisti ci sono”. Piuttosto, aggiunge Figini, “cerchiamo di sparare meno sentenze sui giornali, una cosa che porta solo disperazione, e mettiamoci tutti al lavoro cercando di diventare uomini e padri autorevoli, dei veri educatori”.



Si possono condannare dei genitori con la motivazione che non hanno educato bene i figli? Chi decide se una educazione è buona o no?

Sicuramente oggi si è perso il significato di cosa voglia dire educare un ragazzo. Per l’esperienza che ho io, l’educazione si gioca sempre  dentro un rapporto di verità e di confronto, fatto sempre in maniera sincera e vera soprattutto in rapporto all’età del giovane. Senza scandalizzarsi dei sentimenti degli altri, perché l’uomo non deve scandalizzarsi di nessun sentimento, deve affrontarlo, cercare di comprenderlo e lavorarci su. Non erigere dei muri, non aver paura di entrare nelle problematiche degli altri, ma farlo cercando sempre di offrire un varco attraverso cui poter accogliere le confidenze, le paure, le ansie. Questo è vero soprattutto quando hai figli in affido con vissuti e storie diverse tra loro.



Nel caso specifico, lei ritiene che si possa bollare un padre e una madre di incapacità educativa?

Mi verrebbe da dire, a chi si permette di sentenziare che due genitori non hanno educato bene: okay, allora provaci tu a farlo. Educare è difficile e complesso: devi tener conto di tutti i fattori, le paure che si sovrappongono, le ansie che giungono, la paura di spezzare una catena, il timore che la tradizione di famiglia non venga portata avanti.

Nella sua esperienza educativa, avendo a che fare con ragazzi che provengono da famiglie problematiche, le sarà capitato di dover affrontare anche i genitori.  



Recentemente ho vissuto una esperienza molto significativa. E’ stato durante un incontro con il padre naturale e il padre affidatario, dunque due figure paterne davanti al ragazzo; sono incontri dove permane sempre un certo imbarazzo perché c’è sempre un conflitto di lealtà, il giovane non vuol tradire nessuno dei due. In questa situazione il padre naturale, rivolgendosi al figlio in mia presenza, gli ha detto di come lo considerava fortunato ad aver incontrato un uomo che aveva assunto la paternità che lui non era stato in grado di esprimere. Sono felice e sereno, ha detto, perché tu puoi crescere in un luogo dove la paternità che io non saprei esercitare viene invece esercitata. 

 

Una dichiarazione molto forte e molto bella. 

Una dichiarazione che ha dell’inverosimile nella sua grandezza. Ci sono invece rapporti con genitori naturali dove il figlio è spaccato in due perché gli adulti continuano a proporre un cliché di vita opposto a quello che noi cerchiamo di presentare facendo venir fuori valori e senso della vita.

 

Tornando al caso dei genitori condannati, può lo Stato definire se una educazione è buona o cattiva?

Lo Stato prima di dire una cosa del genere si deve affidare a tutti gli strumenti a disposizione, valutare il caso fino in fondo, e per far questo ci sono professionisti che possono valutare se il genitore è idoneo o no. E’ un lavoro molto delicato ma ci sono professionisti in grado di farlo. Direi però che prima di sparare sentenze sui giornali, una cosa sempre molto brutta che produce solo disperazione, dobbiamo rimboccarci tutti le maniche e metterci al lavoro. Si parla sempre di scandali e mai di cose belle. Cerchiamo piuttosto di diventare uomini e padri autorevoli, educatori veri. Un figlio ha bisogno di messaggi chiari, di argini, di adulti che creino le giuste barriere, non di adulti che per strappare l’affetto dei figli si mettano al loro livello. Questo è il disastro educativo di oggi, l’assenza di una vera paternità, che vuol dire autorevolezza e amore perché si guarda al destino del figlio.