L’Alta Corte di Giustizia del Regno Unito ha stabilito che un donatore di sperma ha il diritto di avere incontri regolari con i suoi figli nati attraverso la fecondazione assistita. Due donatori gay, padri biologici dei figli partoriti da due donne lesbiche, hanno rivendicato dei diritti sull’educazione dei minorenni e si sono visti dare ragione. Ilsussidiario.net ha intervistato Alberto Gambino, professore ordinario di Diritto civile e direttore del dipartimento di Scienze umane dell’Università europea di Roma.
Ritiene che i donatori degli spermatozoi possano avere il diritto di incontrarsi regolarmente con i figli biologici?
La domanda va ribaltata: hanno diritto i figli a conoscere la loro origine biologica? Certamente sì, in quanto nessuna legge dello Stato potrà mai estirpare il diritto inalienabile di conoscere la propria storia genetica, sociale e culturale. Quanto al genitore naturale che dona il seme, ci troviamo davanti ad una situazione di abbandono, ma poiché il materiale biologico, essendo all’origine della vita, non è una cosa o una merce qualsiasi, ecco che potranno darsi casi di bambini procreati con donatore esterno che vogliono conoscere le loro origini. Più complicato è, invece, ritenere che gli stessi diritti li abbia il padre-donatore nel caso in cui rinunzi deliberatamente ad esercitare responsabilmente la propria paternità.
Quali problemi presenta la rivendicazione di un diritto all’educazione sui figli nati attraverso fecondazione assistita da parte dei donatori di spermatozoi?
In punto di diritto – prescindendo per un momento dal caso che la coppia adottante sia omosessuale – è problematico prevedere un interesse all’educazione da parte di un soggetto che si è disinvoltamente spogliato dalla responsabilità della generazione, nascita e crescita del figlio e poi si ricordi che lo vuole istruire. Certamente si mina una situazione che nel frattempo può avere una dose di stabilità. Certo se la coppia fosse omosessuale, come nel caso avvenuto in Inghilterra, penso che il ripensamento del padre possa avere un significato diverso, dovendosi comunque avere di mira l’interesse del minore. E per quanto in Francia il Parlamento si ostini a ritenere che famiglia e matrimonio omosessuale siano la stessa cosa, così non è, se solo si deponessero i furori ideologici del momento.
Ritiene che il dibattito cui ha dato vita la sentenza inglese possa rivelare i rischi insiti nella fecondazione assistita?
Certamente la fecondazione artificiale, sradicando la generazione di un bambino dal suo alveo naturale, comporta il rischio di considerarlo – almeno nella sua fase embrionale – come se fosse una cosa, e, come tale, un’entità che può tranquillamente trasferirsi da un soggetto ad un altro. Ma stiamo parlando di un essere umano che non può avere meno diritti di altri, pena l’arretramento della nostra democrazia che sancisce l’eguaglianza senza distinzione sociale, culturale e, appunto, genetica. Inoltre, nel caso, emergono tutti i rischi della c.d. fecondazione eterologa, quella appunto con un donatore esterno alla coppia: il divieto italiano mira proprio ad evitare tutte le problematiche che stanno emergendo dalla vicenda inglese. Al centro della vicenda ci sono due donatori omosessuali e due donne lesbiche.
Quali aspetti fa emergere per quanto riguarda l’educazione dei figli da parte di genitori omosessuali?
Per quanto ci si sforzi a portare casi di genitori omosessuali e figli felici, è l’esperienza quotidiana a raccontarci quanto siano importanti, per l’educazione e la crescita dei figli, una figura maschile ed una figura femminile nelle loro differenze e complementarietà. Se poi si vuole smentire l’evidenza, lo si faccia pure, ma poiché i figli non sono cose, ci sarà sempre qualcuno – e oggi in Italia, ma anche Francia, sono la maggioranza dei cittadini – che si batterà per difendere questo principio di civiltà.
Quali differenze ci sarebbero se ad avanzare la stessa richiesta fosse stata la madre naturale di un figlio adottato da un’altra coppia?
Nel caso dell’adozione, c’è uno stato di abbandono del figlio che giudizialmente diviene adottabile eliminando ogni legame giuridico con la famiglia di origine, che evidentemente lo ha abbandonato. E’ in nome dell’interesse del minore che si crea una nuova famiglia cui spettano tutte le prerogative genitoriali.
Per l’avvocato inglese Kevin Skinner, “la possibilità che i donatori possano godere di questi diritti sarà una prospettiva spaventosa per molti genitori, sia gay ed etero”. E’ d’accordo con lui?
Se non vogliamo essere ipocriti va fatta una distinzione. Se i nuovi genitori sono etero, certamente il sopravvenire di un donatore “pentito” può rappresentare un problema per la serenità del minore e del nuovo nucleo; nel caso in cui i nuovi genitori fossero omosessuali, il ravvedimento del donatore potrebbe rappresentare la possibilità di completare con una figura maschile lo sviluppo della personalità del minore.
(Pietro Vernizzi)