Non una mostra, ma una vera rassegna per celebrare una nicchia della cultura italiana che sta vivendo un periodo di riscoperta. Stiamo parlando di “Effetti Speciali”, la rassegna di fantascienza, fantasy, horror e spionaggio proposta da Pier Luigi Manieri – saggista, scrittore e curatore di eventi culturali – dal 19 gennaio al 14 febbraio a Santa Maria Gualtieri in Piazza della Vittoria a Pavia. Una rassegna che intende celebrare il genere d’evasione con immagini, oggetti di grande rarità e un ciclo d’incontri letterari di notevole importanza. Presente all’inaugurazione della mostra – che tra le opere esposte, presenta schizzi e bozzetti di due grandi esponenti di questo settore della cultura italiana, Hugo Pratt e Milo Manara – Filippo Colizza, uno degli scrittori contemporanei più importanti del nostro Paese, che sta rielaborando i moduli della spy story italiana. Il 16 febbraio poi si affronterà un tema sempre di moda, come testimonia la recente querelle sulle predizioni maya: la fine del mondo, con la presentazione dell’antologia curata da Laura Costantini“Cronache della fine del mondo”, edita da Historica, che contiene 25 racconti sul tema di altrettanti autori. Altro libro molto interessante, che riprende il titolo della mostra, è “Effetti speciali”, raccolta di racconti di Pier Luigi Manieri su vampiri, alieni, spie e supereroi. Insomma, tutto quello che è il cuore del genere di evasione e il suo rapporto con le grandi tematiche esistenziali della vita. Sui motivi che hanno dato corpo a questa rassegna, abbiamo sentito proprio il curatore Pier Luigi Manieri.



Da dove è nata l’idea di questa mostra?

Il mio lavoro è quello di saggista cinematografo e curatore di eventi culturali, inoltre sono un esperto dell’immaginario. L’idea di “Effetti Speciali” è nata tre anni fa pensando alla ricostruzione di tutto ciò che ha rappresentato la luna nella fantasia, dalla letteratura, a tutte le varie forme espressive. Pensiamo ad Ariosto e al suo Astolfo, fino alla base Luna di Spazio 1999. Partendo dalla Luna nell’immaginario, che era il tema di un evento che ho realizzato nel 2009 per festeggiare lo sbarco, ho immaginato un percorso che si estendesse all’idea stessa dell’evasione, intesa sia come fuga, sia come grande “contenitore” di generi apparentemente lontani tra loro come l’horror, lo spionaggio, la fantascienza.



Pensate di allestire la rassegna anche in altre città?

La nostra intenzione sarebbe, dopo Pavia, di portarla innanzitutto a Roma, poi a Firenze, Milano e Catania.

Crede che il genere della letteratura d’evasione dovrebbe avere più spazio nella cultura italiana?

Certamente. L’evasione, sia essa televisiva, cinematografica, fumettistica, letteraria, svolge una funzione fondamentale per l’esperienza umana: quella di far sognare. Inseguire un pirata spaziale, o darsi battaglia nei caraibi, saltare da una liana all’altra o farsi lanciare i componenti, non è meramente un’attività ludica legata a un blando esercizio mentale, è molto di più. Significa mantenere in esercizio la propria fantasia, significa porre uno stacco con la realtà quotidiana. In qualche modo, ci aiuta a rimanere un po’ più giovani. Fino a 40 anni fa c’era molto più spazio per il genere d’evasione, anche grazie alla presenza di grandi personaggi che facevano parte della tradizione fumettistica-letteraria italiana, che qui, a partire da Salgari era fortissima. Oggi abbiamo dei grandi romanzieri come Alan D. Altieri che è stato ospite di Effeti Speciali a ottobre e Roberto Genovesi che chiuderà il ciclo d’incontri il 9 marzo. Ci tengo a dire che il suo ultimo best seller “La Mano Sinistra di Satana” sarà a breve pubblicato in Spagna dalla Edizioni Algaida, gruppo editoriale Anaya.



Quanto hanno dato personalità come Hugo Pratt e Milo Manara alla nostra cultura?

Direi tantissimo. Hugo Pratt con Corto Maltese ha creato un personaggio unico, irripetibile, il più grande sicuramente del fumetto italiano. Lo stesso Milo Manara ha creato anche lui qualcosa di irripetibile. La sua Iliade, esposta nella mostra, racconta uno dei primi grandi racconti archetipici.  Ha personificato quella ricerca dell’evasione che tante radici ha nella storia della civiltà dell’umanità. Se si pensa all’Odissea, all’Eneide, a tutti quei racconti di viaggiatori che andavano alla ricerca dell’ignoto, inteso come superamento dei propri limiti. In fondo, una ricerca profonda di sé stessi: nell’antichità vista nella ricerca del mito, nei nostri giorni espressa attraverso la fantascienza, come la navicella Enterprise di Star Trek (di cui esponiamo un modellino rarissimo prodotto dalla Dinky Toys), che per l’appunto significa impresa, lungo un filo conduttore che è sempre rimasto in tutta la storia dell’umanità.

Da cosa nasce, secondo lei, questo desiderio dell’uomo?

Dalla voglia di scoprire, di andare al di là di ciò che è la propria realtà, come erano le colonne d’Ercole nell’antichità, proprio di quella ricerca di sé stessi che è stata espressa da libri come “Viaggio al centro della terra” o “Dalla Terra alla Luna” di Verne – ma direi da tutti i suoi libri – fino al Silver Surfer di Stan Lee o Buck Rogers, che nell’esposizione è rappresentato da una rarissima edizione Pop-up del 1del 1935, il n.169  illustrata da  Dick Calkins. La scoperta di una realtà sconosciuta con cui confrontarsi per superare il limite, che fa parte dell’essenza stessa dell’uomo.

E’ stato difficile ritrovare manoscritti, locandine, tavole originali dei fumetti?

In parte erano di mia proprietà, in parte sono andato a cercarli tra gli appassionati, i mercatini dell’usato, le aste. E’ il caso di alcune copie di “Segretissimo” anni Sessanta, e alcune locandine originali di film.

Qual è ilfil rougeche unisce i diversi ambienti dell’evasione, dalla fantascienza al fantasy, all’horror, allo spionaggio e alle altre forme espressive di questo genere?

E’ proprio il senso dell’avventura, quella voglia di addentrarsi in mondi paralleli, che sono sconosciuti, sembrano inaccessibili e che portano l’uomo a mettere alla prova le sue forze, per la sua voglia di conoscenza. Realtà appunto come conoscenza dove l’uomo vuole proprio anche andare alla ricerca di sé stesso. I differenti piani di realtà, la rielaborazione di archetipi comuni a tutte le culture e a ogni tempo. La fantascienza ha da lungo tempo assunto il ruolo di esplorazione delle possibilità umane; dalla sua nascita supera la realtà valicandone le leggi e propone scenari alternativi. La fantascienza rappresenta l’ideale e, insieme, l’incubo del futuro cui si rivolge e al tempo stesso si sottrae.

Cosa ne pensa dei generi fantasy, horror e spionistico?

Hanno compiuto un percorso simile: nati sulle pagine delle pubblicazioni popolari “pulp”, giungendo progressivamente ad un’affermazione tanto di pubblico quanto di consenso letterario, fino a diventare, in molti casi, autentici fenomeni di costume e in altri, classici della letteratura e del cinema. Generi che, come un abile espediente narrativo, sono stati pretesti ingegnosi per raccontare attraverso la metafora, i grandi temi individuali e collettivi.

Ci faccia qualche esempio.

Si pensi a Frankestein di Mary Shelley, Lo Strano Caso del Dottor Jeckill e Mr Hyde e alla contrapposizione tra occidente e Unione Sovietica rappresentata in James Bond 007. Questi stessi testi, hanno poi suggerito altro. Il Roy Batty di Blade Runner può essere considerato come un figlio di Frankestein, come il conflitto e lo sdoppiamento di personalità di Bruce banner e Hulk rimanda al Dottor Jeckill e Mr, Hyde. Senza James Bond non esisterebbero i vari SAS, le diverse serie televisive e cinematografiche come Mission: Impossible, Alias. E persino certi manga giapponesi. L’Haran Banjo di Daitarn III è chiaramente ispirato all’agente segreto britannico mentre Lupin III combina le qualità della spia con licenza d’uccidere al celebre ladro. Del resto, parlando di archetipi, Prometeo che ruba il fuoco agli dei può essere con un certo sforzo d’immaginazione,il primo caso di letteratura d’anticipazione, laddove il fuoco rappresenta la tecnologia e i personaggi l’elemento fantastico.

Quindi una risposta anche a quelle domande, a quel senso delle cose, che attraverso una realtà d’evasione, alternativa, l’uomo cerca sempre nella sua vita?

Si può dire così, è questa ricerca di una realtà per così dire alternativa, sconosciuta, che fa parte anche di quelle domande esistenziali che sono nel cuore dell’uomo.

Vi piacerebbe lanciare e seguire qualche giovane delle nuove generazioni per farlo esprimere in questo contesto d’evasione per così dire espressiva?

Lo abbiamo fatto con le opere di cinque artisti che hanno voluto mettere in evidenza il rapporto tra arte ed evasione. Cinque opere, omaggio all’immaginario, di Mauro Bellucci, Daniele Carnovale, Fernando Di Nucci, Daniele Contavalli e Mauro Molle.

Interessante è anche la sua raccolta di racconti “Effetti speciali”…

E’ una serie di racconti di storie di vampiri, alieni, spie, supereroi in cui ho voluto parlare dell’immaginario rivedendolo e rielaborandolo in tutti i suoi confini, un altro segno ancora più forte di questa mia passione verso il genere d’evasione. E’ un affettuoso omaggio all’immaginario di genere e se vogliamo anche una sfida narrativa. Uscirà a maggio.

Oltre che in Italia ci sono anche altre nazioni in cui si sviluppa fino in fondo il genere d’evasione? 

La Gran Bretagna è una di queste, ha dato autori come Wells, Wyndham, Fleming, Doyle e serie televisive come UFO, The Persuaders, The Professional, The Avengers, Doctor Who, che prosegue da quarant’anni, i Sopravvissuti che è certamente tra le fonti d’ispirazione di pellicole come 28 giorni dopo, fino al Sandman di Neil Gaiman. E sicuramente gli Stati Uniti, da Howard a Bradbury a Gibson, i due Burroughs: Edgar Rice e William S. fino alla saga di Guerre Stellari scritta e diretta da  Lucas, personaggi mitici come Zorro, Phantom,  Flash Gordon, Tarzan, serie televisive come lo Star Trek di Gene Rodenberry, o Mission:Impossible. Eroi nati alla radio come Green Hornet e The Shadow,  l’immaginario supereroistico da Batman a Uomo Ragno e gli altri personaggi Marvel e DC fino ai Transformer e Ben Ten. Sono queste le nazioni che hanno sviluppato nel tempo il genere d’evasione, insieme alla Francia, da Verne a Moebius passando per Luc Besson. Poi ci sono le scuole sudamericane, penso all’Eternauta e le altre europee come quella belga che ha dato i natali a personaggi come Tin Tin. Anche in Italia abbiamo avuto una tradizione forte.

In quali casi?

Pensiamo a casi come Dick Fulmine e  Rebo in Saturno contro la terra del grande Cesare Zavattini, a conferma che non esiste arte qualitativamente alta e bassa. O casi editoriali come Dylan Dog. Purtroppo, salvo casi rarissimi, i nostri autori hanno guardato più a suggestioni esterofile che non ad imporre eroi e storie più somiglianti a noi. Va anche detto che gran parte degli esperimenti sono stati terrificanti, si pensi al Nirvana di Salvatores.

Tali considerazioni valgono in generale?

A queste considerazioni si sottraggono rari casi come Il Coliandro televisivo dei Manetti Bros, che come lo era Dick Fulmine è un buon prodotto ed è un personaggio italiano. Fino a pochi anni fa usciva un gran bel fumetto, ESP, di Michelangelo La Neve. Era ambientato nelle catacombe di Roma. Se il fumetto in qualche modo si salva, in generale in Italia sembra che sognare sia divenuto una sorta di crimine o quanto meno un peccato mortale. Da qui la quasi totale assenza al cinema di film di genere, eppure a giudicare dal box office, il pubblico pare apprezzare molto quelli importati.

E i giapponesi?

Sono un’altra grande scuola Pur contaminandosi con taluni modelli narrativi straneri, dal western, fino allo spionaggio in stile Bond e al poliziesco all’Arsenio Lupin, hanno saputo reinventarli su quella che è la loro realtà, e parallelamente, creato un proprio personale ed identitario  universo di genere. Si pensi all’epica dei mostri preistorici  da Godzilla in poi, fino al genere robotico come Jeeg, Grendizer da noi noto come Goldrake, Gundam Daitarn III Neon Genesis Evangelion. Genere che ha vinto ovunque fino ad essere copiato dagli americani con Transformer. Pur non rinunciando ad una qualità altissima, si pensi a Capitan Harlock, Star Blazers, kyashan, Lupin III, i giapponesi hanno saputo anche creare un’industria sui loro prodotti, spesso pensati appositamente come grande traino per le vendite di giocattoli. Qualcosa di simile ai nostri Gormiti(anche se a dire il vero il percorso è inverso, cioè dal gioco al cartone animato) e Winxs, che sono distribuiti ovunque nel mondo, peccato che in entrambi i casi si tratti sempre di personaggi non italiani, pertanto l’identificazione è fatalmente sempre con personaggi  che si chiamano Lucas Wanson,Bloom, Aisha, Brandon. Sarebbe bello riuscire a sviluppare una sincronia ancora più forte con questi paesi per approfondire questa cultura colta d’evasione.

 

(Franco Vittadini)