Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha incontrato Papa Benedetto XVI in occasione dell’84esimo anniversario dei Patti Lateranensi. Tra i due si è tenuto un colloquio di 20 minuti, nel corso del quale il Santo Padre “ha manifestato la sua attenzione e partecipazione per gli importanti appuntamenti che attendono prossimamente il popolo italiano”. Ilsussidiario.net ha intervistato Roberto Chiarini, professore di Storia contemporanea all’Università degli Studi di Milano.



Qual è il valore dei Patti Lateranensi a 84 anni dalla loro approvazione?

I Patti Lateranensi sono stati una pietra miliare in un conflitto che l’Italia ha vissuto con un’intensità, una profondità e una durata ineguagliabile in una qualsiasi altra democrazia. Si tratta di una frattura fondamentale nel momento della creazione dello Stato e della nazione. Da nessun’altra parte c’è stata una ferita così netta tra Stato e Chiesa, tra la religione professata dalla stragrande maggioranza della popolazione e la classe dirigente che ha dato origine allo Stato. Per creare basi solide e democratiche per uno Stato nazionale, i Patti Lateranensi sono stati quindi il punto di passaggio fondamentale.



Oggi sono davvero ancora attuali o andrebbero quantomeno aggiornati?

Abrogare i Patti Lateranensi significherebbe cancellare larga parte della storia nazionale e la premessa per la sua evoluzione successiva. L’approvazione dell’accordo, e poi il suo recepimento da parte della nostra Costituzione, risente tuttavia dell’armistizio raggiunto dopo decenni di conflitto tra Stato e Chiesa. Oggi quella separatezza tra Stato e Chiesa che c’era prima non esiste più, neanche nelle coscienze. Le frizioni a livello politico riguardano i temi eticamente sensibili, ma il ruolo della Chiesa e dei cattolici è un problema ormai risolto. Su questo terreno i Patti Lateranensi sono quindi in parte da aggiornare.



Il presidente Napolitano ha dichiarato che tra Stato e Chiesa oggi esiste una “serena e fiduciosa cooperazione al servizio del bene comune, nel pieno rispetto della distinzione tra sfera politica e sfera religiosa”. Che cosa ne pensa di queste parole?

In parte sono un omaggio a un principio, più che un invito o un programma politico. E’ vero che di tanto in tanto ci sono delle frizioni, in quanto il mondo laico o addirittura quello anticlericale lamentano il peso specifico che la Chiesa continuerebbe ad avere sulla vita politica italiana. In Italia la Santa Sede ha certamente una suggestione, una credibilità e un peso maggiori che in qualsiasi altra democrazia occidentale. Ciò deriva in parte dalla storia che hanno la Chiesa in Italia e l’Italia con la Chiesa. Ma si spiega anche con il complesso d’inferiorità del sistema politico e dei partiti.

 

In che senso?

Quando la Chiesa o una qualche autorità religiosa di diverso rango fanno delle enunciazioni, inviti o prese di posizione, non costringono o influenzano più di tanto l’opinione pubblica. E’ piuttosto il timore di un ceto politico che è così debole che a ogni stormir di fronde teme il peggio ad amplificare il possibile effetto di queste prese di posizione.

 

Qual è il significato storico del fatto che a firmare i Patti Lateranensi fu Mussolini, non solo un dittatore ma anche un politico dal retaggio anti-clericale?

Mussolini si dimostrò sagace e consapevole dell’importanza politica dei Patti Lateranensi, fino ai limiti del cinismo. La sua formazione e la sua sensibilità non erano certo cattoliche, ma colse l’opportunità del fatto che nel tempo erano caduti gli ostacoli principali a una riappacificazione. Nell’Ottocento si erano fatti diversi tentativi sotterranei a livello diplomatico, ma il clima era incendiario. L’opera sapiente di Giovanni Giolitti ammorbidì le distinzioni, finché la Prima guerra mondiale saldò il rapporto tra cattolici e Italia. Il fante italiano che lottava sul Carso non poteva fingere di non essere tanto cattolico quanto italiano.

 

(Pietro Vernizzi)