Oggi, 6 febbraio, la Chiesa celebra la memoria di Paolo Miki e degli altri Santi Martiri Giapponesi, scomparsi tragicamente a Nagasaki il 5 febbraio del 1597. In quella nefasta giornata un gruppo di ventisei cattolici – che comprendeva tre giapponesi appartenenti alla Compagnia di Gesù (uno di loro era Paolo Miki), sei missionari europei dell’ordine dei Frati Minori e diciassette terziari francescani, tra cui i tre ragazzini Antonio da Nagasaki, Tommaso Cesaki e Ludovico Ibarki – vennero crocefissi e trucidati, per volere dell’imperatore giapponese Taikosama Hideyoshi, sulla collina di Tateyama, presso Nagasaki. 



I Santi Martiri Giapponesi pagarono il radicale mutamento di atteggiamento dell’autorità imperiale nei confronti dei missionari cattolici, che, dopo un periodo di tolleranza e libertà, dovettero subire una furiosa ondata di persecuzioni. L’attività missionaria della Chiesa cattolica nel Paese del Sol levante era iniziata grazie all’impegno evangelico del gesuita Francesco Saverio – canonizzato del 1622 – e dei suoi seguaci, che, arrivati nel 1549 a Kagoshima, fondarono la prima missione cattolica in Giappone. 



Per circa un quarantennio i missionari goderono di un atteggiamento tollerante da parte del potere imperiale e dei poteri locali. Inoltre, la conversione al cattolicesimo di svariati signori feudali e la conseguente conversione in massa dei sudditi fedeli, favorì una grande diffusione della nuova religione. Alla luce di ciò, il numero di cattolici giapponesi aumentò sensibilmente nel giro di pochi decenni, superando le duecentomila unità nel 1587. Da quell’anno, però, cominciarono i problemi per le missioni cattoliche in Giappone; infatti, venne emanato il primo editto di persecuzione nei loro confronti: col tempo la diffusione della religione cattolica era stata vista come uno strumento di affermazione politica da parte delle potenze europee, in particolare la Spagna. Ben presto la situazione degenerò e divenne insostenibile per i missionari cattolici in Giappone. 



Nel 1596 un decreto imperiale impose ai governatori di Osaka e Miyako di imprigionare i religiosi cattolici presenti nel loro territorio. Tutti i religiosi cattolici riuscirono a scappare nelle campagne vicine, tranne nove missionari, cui si aggiunsero diciassette terziari francescani, tre dei quali erano solo fanciulli. Catturati agli inizi del 1597 e condannati a morte, i ventisei furono orrendamente mutilati – gli venne tolto un pezzo dell’orecchio sinistro – e condotti, chiusi in anguste carrette, verso il luogo dell’esecuzione: Nagasaki. Lungo il percorso i religiosi, e in particolare i tre giovanissimi terziari francescani, suscitarono la pietà della popolazione. Arrivati a Nagasaki, vennero crocefissi e passati mortalmente sotto le lance delle guardie del governatore locale. 

Durante il supplizio i ventisei cattolici si distinsero per la forza incrollabile della loro fede e per una straordinaria dignità morale, colpendo profondamente la gente presente. In particolare, Antonio, Tommaso e Ludovico – i tre fanciulli – intonarono fino alla morte salmi di lode al Signore. Inoltre, emerse in tutta la sua grandezza spirituale la figura del gesuita Paolo Miki, un giapponese che, battezzato all’età di cinque anni, entrò a soli ventidue anni nella Compagnia di Gesù, dimostrando nel tempo un intenso zelo missionario e religioso. Paolo predicò ininterrottamente sulla croce fino alla fine, dando il suo perdono ai carnefici e ripetendo, in latino, alcune delle parole pronunciate da Cristo crocefisso.

Non mancarono prodigi ed eventi miracolosi sia durante il supplizio dei Martiri Giapponesi che dopo la loro morte. Infatti, una donna muta toccando la croce di Pedro Bautista, appartenente all’ordine dei Frati Minori, rincominciò a parlare e la figura del santo venne vista, passati molti giorni dalla morte, da vari testimoni. Inoltre, i corpi di tutti i martiri per più di sessanta giorni dalla morte vennero risparmiati dagli animali, emettendo un soave profumo.

I Santi Martiri Giapponesi vennero beatificati da papa Urbano VIII il 14 settembre 1627 e canonizzati da papa Pio IX l’8 giugno 1862. Fu fissato come loro giorno liturgico il 6 e non il 5 febbraio, giorno del martirio. In tutto il mondo cattolico i Martiri Giapponesi sono oggetto di un duraturo culto, in particolare, pensando all’Italia, presso la Chiesa dei Santi Martiri Giapponesi di Civitavecchia, eretta nella località laziale nel 1864.