Non ho alcuna vergogna a dire che la partenza di Benedetto XVI mi ha visto piangere. Benedetto XVI ha tutto il suo carisma nella ricostruzione della ragione umana dell’uomo del nostro tempo, e proprio per la potenza di quello che ci ha detto in questi anni è stato veramente solo davanti a Cristo, è stato come una vedetta che guarda nell’orizzonte, e ci parlava stando più in là di noi, del popolo cristiano.
Io avevo bisogno di una spiegazione della crisi dell’uomo contemporaneo, avevo bisogno di don Luigi Giussani, e ringrazio Dio di averlo incontrato e di aver così cambiato la mia mentalità; mi ha tolto dalle pretese astratte del marxismo. Giussani rinnovava in me la Chiesa con la quale in gioventù avevo litigato.
Ho visto nel Papa Benedetto la Chiesa tutta che diventava contemporanea. E ora ho come una disperazione di fondo, la contemporaneità della Chiesa sembra rimessa al Mistero. Con la fede dovrei sperare che si vada avanti, ma la mia fede è debole, io ho ancora bisogno di questo dialogo fra Cristo e l’uomo che non si soddisfa più del positivismo, come lo ha descritto così bene il Papa.
Spero di riuscire a mantenere dentro di me quello che ci ha detto il Papa, testimone dell’amore di Cristo che è presente ora e che supera la pretesa dell’uomo che con la scienza e la tecnica avrebbe raggiunto l’autosufficienza. Io desidero questo messaggio rivoluzionario, cioè nuovo.
Nella compagnia guidata da don Julián Carrón continuo la mia esperienza di educazione e di partecipazione al reale. Ma spero veramente che tutta la Chiesa conservi l’insegnamento del Papa. Benedetto ha dato profonde ragioni alle radici cristiane dell’Europa. Nell’incontro delle religioni ha affermato il dialogo fra esperienze umane e non fra verità che cercano un relativismo mediatore.
Nel pensiero moderno ha riconosciuto le vere ragioni della ricerca, mostrando le teorie rinchiuse in una pretesa egemonica, come lo scientismo e il modernismo, fino a ricondurci al pensiero classico greco, al contributo dell’ebraismo e del diritto romano, tutti posti alla base della cattolicità che incontra gli sviluppi della cultura contemporanea.
Ma il fatto veramente eccezionale è che questo grande uomo ha messo l’amore di Cristo al centro di tutta l’avventura umana, fonte di ogni vicenda. Nelle sue dure lotte verso il peccato nella Chiesa ha posto il perdono come via dell’unità.
Nella completezza del suo insegnamento ha fatto riferimento a tutte le attività umane, compresa la politica. Insomma ha parlato a tutti senza scadere nel dualismo voluto dalla logica mondana, che vorrebbe due criteri diversi per la religione e per la vita pubblica. Risolvendo la pretesa di certi cattolici di trovare le politiche sociali, o il senso dello Stato, solo in altre culture.
Ci tengo molto a questi insegnamenti perché mi aiutano ad entrare nelle cose del mondo senza cinismo: posso portare nella vita pubblica la fiducia nella positività del reale.
Piango perché non finisce tutto con i pensieri rinnovati, bisogna che tutto questo diventi fino in fondo vita nuova. Prego perché la Chiesa sappia accompagnare quelli come me a guadagnare la certezza nella risposta nuova e soddisfacente al grido del mio fallimento come uomo impegnato.