«Io credo che sia poco fattibile e spero che sia “un’uscita” come tante altre rispetto a questi temi che serve più come slogan di propaganda che come progetto di legge da portare avanti». Gian Carlo Blangiardo, docente di Demografia all’Università di Milano-Bicocca “boccia” la proposta di Germania, Austria, Olanda e Gran Bretagna di poter rifiutare l’assistenza sociale agli immigrati Ue che non abbiano mai lavorato prima entro i confini nazionali, e di avere il diritto di espellerli, se c’è qualche imbroglio nelle carte. I quattro paesi stanno per inviare una lettera con la loro richiesta alla Commissione europea. A prima vista un’ipotesi che cozza con i valori fondanti dell’Unione europea: la solidarietà e la libertà di movimento delle persone. Un escamotage nemmeno troppo velato che punta a scoraggiare il trasferimento di rumeni e bulgari, soprattutto, i quali dal 2014, una volta finita la moratoria, potranno cercare lavoro ovunque.



Come va interpretata questa presa di posizione?

È figlia della crisi, dopo gli anni in cui si cercava di garantire l’assistenza, il welfare a tutti indipendentemente dai requisiti, evidentemente ora le difficoltà si avvertono di più e in qualche modo si comincia a fare una specie di selezione. Non è nè bello, nè giusto e forse non è neanche rispettoso dei principi a cui dovrebbe ispirarsi la collaborazione all’interno dell’Unione europea.



Si teme che gli immigrati dei paesi dell’est abusino dei servizi prestati dai più ricchi vicini. È così?

La motivazione “razionale” immagino sia quella: il tentativo di evitare che qualcuno ne approfitti. Io credo che il punto di questa proposta sia cercare di tenere fuori bulgari e rumeni, quelli arrivati per ultimi. Potrebbe essere un primo gradino per poi intervenire su tutti gli altri immigrati che arrivano dall’Asia, dall’Africa o da paesi europei non comunitari che sono comunque in qualche maniera assistiti. Sotto sotto, comunque, c’è la rinuncia a quello che era un principio fondamentale dell’Unione europea, ovvero quello della solidarietà. Non dimentichiamo che i paesi europei non sono tutti ricchi e tutti poveri. Rinunciare all’idea di darci tutti una mano all’interno del gruppo credo che sia una pericoloso sterzata.



Quali saranno i tempi di attuazione?

Questa proposta quand’anche dovesse attuarsi probabilmente ha tempi di attuazione lunghi e strada facendo ci saranno dei correttivi, però già l’idea di rinunciare ai principi di solidarietà è grave. Facendo un esempio, è un po’ come se un giorno qualcuno dica che per motivi di bilancio le persone con più di 70 anni non devono essere ricoverate perché tutto sommato vale la pena spendere quelle poche risorse per curare i giovani. Vuol dire far saltare un principio su cui tutti noi contiamo. Si tratta di una questione di equità e giustizia.

Secondo lei, come prenderà questa proposta l’Unione europea?

Spero che faccia un discorso simile al mio e che dica: “Noi abbiamo dei principi che bisogna cercare di rispettare”. Non siamo ancora né in bancarotta né al collasso e si dovrebbe ribadire il principio che è giusto che vengano garantiti diritti e prestazioni a tutti.

L’Italia come reagirà?

L’Italia in questo momento è difficile che assuma una posizione, considerato che non è ancora ben chiaro cosa faremo da grandi. Ci sono sicuramente pareri discordanti sul tema, ma non credo che verrà sollevato ora, la discussione si concentra su altri punti ora.

Questa scelta non rischia di aprire una campagna all’odio e alla violenza contro gli immigrati?

 Non credo, l’atteggiamento del cittadino medio è abbastanza critico e ostile, questo sì, nel senso che il pensiero comune è che “gli zingari non fanno niente e noi li manteniamo”, ma penso che non si arrivi all’esasperazione.

Si tratterebbe di un vero risparmio? Oppure avere immigrati “malati” per le strade economicamente farebbe più danni che assisterli?

Difficile dirlo in anticipo, è chiaro che non dare un qualunque sussidio di assistenza è un risparmio, se poi questo aggravi la situazione non saprei. La proposta così com’è stata presentata è un pò vaga, bisogna vedere, ammesso che abbia un seguito, come si articolerà. Bisognerà valutare anche i pro e i contro anche in termini di un bilancio rigorosamente economico.

Quali sarebbero le conseguenze sociali?

Le conseguenze potrebbero essere quelle di un rallentamento di certi flussi che sono legati a situazioni di utilizzo di queste opportunità, per esempio il ricongiungimento familiare: alcuni potrebbe frenarsi nel caso in cui non vengano garantiti determinati diritti di assistenza ai familiari del lavoratore. Personalmente, comunque, non credo che avrà un gran seguito, forse qualcuno l’ha vista più in funzione di slogan elettorale.

E le conseguenze economiche?

A livello economico non vedo né un aumento consistente della povertà indotta dal provvedimento, né un guadagno dal punto di vista delle casse pubbliche rispetto al fatto che non c’è da pagare determinati sussidi.

 

(Elena Pescucci)