Lo svizzero Stephan Schmidheiny e il belga Louis de Cartier rischiano una condanna a 20 anni di reclusione. E’ quanto ha chiesto il pm Raffaele Guariniello, nell’ambito del processo Eternit, azienda di cui entrambi gli imputati erano ai vertici nel periodo in cui le polveri emanate dall’amianto uccisero migliaia di lavoratori e migliaia di loro parenti. «Non siamo in presenza di episodi sporadici e occasionali ma di carenze strutturali derivanti da una politica aziendale generale, da scelte di fondo operate su scala mondiale», ha dichiarato Guariniello, chiedendo che a Schmidheiny e a De Cartier vengano addebitate anche le vittime degli stabilimenti di Rubiera e Bagnoli. Per i due, le accuse sono di disastro ambientale doloso permanente e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche. Abbiamo fatto il punto della situazione con Felice Casson, senatore del Pd che, da magistrato, si è occupato di morti bianche e del processo al Petrolchimico di Marghera.



In cosa consiste l’importanza di questo processo?

Il processo Eternit è investito di un’enorme importanza, sia sul fronte sociale che giuridico. Per quanto riguarda il primo aspetto, vengono portati alla ribalta della cronaca episodi gravissimi che hanno coinvolto moltissime persone che per decenni hanno subito un inquinamento letale. Rispetto all’aspetto giuridico, invece, va notata la particolarità delle contestazioni formulate. Per la prima volta, sia in merito a quanto avvenuto nello stabilimento di Casal Monferrato che negli altri stabilimenti, tra cui Bagnoli, si è consentito alla procura di Trino di contestare reati diversi da quello di omicidio plurimo. Una novità in diritto che in Appello e in Cassazione dovrà essere tenuta in debita considerazione. Entrambi gli aspetti, quindi, rendono il processo fondamentale per la storia dei diritti dei lavoratori.



Lei come spera che vada a finire?

Mi auguro che la sentenza in primo grado venga, per lo meno, confermata.

Come si concilia l’esigenza di giustizia con la salvaguardia del principio di innocenza fino a prova contraria?

All’interno di un processo, l’eventuale responsabilità penale va dimostrata rigorosamente, questo è indubbio. Si tratta di un sacrosanto principio di civiltà da rispettare. Questo, tuttavia, non incide sull’altra questione. I lavoratori, le forze sociali e i cittadini hanno potuto constatare che all’interno di alcuni stabilimenti si era verificata una condotta dissennata e criminale. Oltretutto, quando all’interno di una fabbrica o di un determinato territorio si verificano decessi che vanno al di là di qualsiasi statistica, è evidente che ci sono responsabilità sociali e di politica industriale che vanno accertate. Tuttavia, se parliamo di responsabilità penali, che sono personali, il nesso causale, deve essere provato in rapporto ad ogni singola persona.



Perché, per tanti anni, si è lasciato che la gente si ammalasse a morisse?

Vede, sto ripresentando un ddl che obblighi le amministrazioni locali a procedere con le operazioni di bonifica dei siti contaminati; nel documento, faccio presente che ci sono una serie di sentenze della Cassazione che affermano chiaramente come fosse ben nota la cancerogenicità dell’amianto almeno fin dai primi anni ‘60. Ebbene, ciò vuol dire che lo Stato ha aspettato 30 anni prima di fare una legge a tutela dei lavoratori, accettando che si ammalassero a morissero. Effettivamente, quindi, c’è da domandarsi: dov’erano i controllori amministrativi e i controllori giudiziari alcuni decenni fa? Probabilmente, se avessero agito, non avremmo avuto tanti morti. Abbiamo recepito, in materia, quasi tutte le direttive europee e in molti casi le abbiamo anticipate. Tuttavia, oltre alla teoria e alle norme occorre che gli uomini e la politica facciano il loro mestiere secondo lo spirito della Costituzione.

Per lo meno, dicono che le sentenze italiane in materia di lavoro siano uniche al mondo per la loro severità. Come nel caso della Thyssen

Se parliamo del numero di anni di pena, si. Per quanto riguarda l’impostazione giuridica, attenderei di leggere la sentenza in ultimo grado. Nel caso della ThyssenKrupp, infatti, in appello l’impostazione è stata modificata.

Posto che la condanna passi in giudicato, Schmidheiny e  De Cartier si faranno mai un solo giorno di carcere?

Credo che sarà pressoché impossibile ottenere l’estradizione per questa tipologia di reato.

Dicono che anche lo stabilimento Bridgestone di Bari non abbia ancora risolto i propri problemi con l’amianto. E che la proprietà potrebbe aver deciso di abbandonare lo stabilimento per evitare grane giudiziarie con le autorità italiane

Prendiamo con beneficio d’inventario queste notizie. Quel che è certo è che in tutti i siti industriali che operavano già qualche decennio fa e che sono tuttora funzionanti, esiste il problema dell’amianto. E non è ancora stato fatto un censimento adeguato, così come, del resto, prevede la legge.

Come nel caso dell’Ilva di Taranto, come si può tutelare la salute dei lavoratori e dei cittadini senza compromettere l’occupazione? 

Evitando, anzitutto, atteggiamenti come quelli del ministro Clini, che hanno innescato uno scontro con la magistratura. E’ possibile, altresì, attraverso le operazioni di risanamento ambientale consentire margini adeguati per la salvaguardia dell’occupazione.  

 

(Paolo Nessi)