Sorpreso dalla gioia e toccato dalla prossimità affettuosa dinanzi alla predilezione universale di Dio per il cardinale Bergoglio, mi sono chiesto cosa ci propone il Signore della storia con questo segno. Dopo papa Wojtyla, che ha spalancato le porte dei cuori a Cristo, sopratutto dei giovani, in tutti gli angoli del mondo, lo Spirito ci ha donato papa Ratzinger che ha presentato a tutti, semplici uomini di popolo o esigenti moderni europei, la suprema bellezza e razionalità umana del Fatto cristiano.
Benedetto XVI ha preparato e avviato l’Anno della Fede. Questa “porta fidei”, appena aperta e straordinariamente proposta nell’essenzialità del suo contenuto, viene affidata dalla libertà dello Spirito creatore a Papa Francesco, chiamato dalla diocesi di Buenos Aires, nel sud americano del mondo, alla diocesi di Roma, per presiedere nella carità tutte le Chiese. Papa missionario, gesuita originario, che con evangelica semplicità continuerà a percorrere con l’imprevedibile originalità dei fatti la strada che va all’incontro con la “gente-gente”, quale testimone portatore della compassione di Cristo per ogni uomo. Non è un pronostico. È la continuità della persona.
Vorrei ricordare almeno tre dimensioni dell’atteggiamento profondamente umano del cardinale Bergoglio come pastore della Chiesa di Buenos Aires. Anzitutto egli ha sempre affermato, con la sua vita e suoi gesti, che l’iniziativa è sempre e in tutto di Dio, presente nel quotidiano cammino di ogni uomo che lo riconosce e, quindi, nella storia. Papa Francesco ci parla con il suo umanissimo muoversi in mezzo alla gente, ma è un Altro che si fa presente nel suo volto. La tenerezza, la perspicacia e l’intensità dello sguardo sono frutto in lui della contemplazione orante della realtà, delle circostanze vissute come segno della grande Presenza.
Poi, la forza e la chiarezza irriducibile con la quale ha affermato l’opzione preferenziale per i poveri, in tutti i sensi. Anzi tutto verso quelli delle “villas miseria” di Buenos Aires, dove ha inviato e accompagnato giovani a ardenti sacerdoti, legati a lui e costantemente seguiti nell’amicizia della fede. Non si è mai trattato per lui di fare una rivoluzione politico-sociale, ma di verificare che là dove penetra Cristo arriva anche il progresso dell’umanità dell’uomo, accade la speranza che genera comunione tra la gente e si risveglia il desiderio operativo di una costruttività che fa diventare la persona protagonista della vita.
Infine, il cardinale Bergoglio ci ha testimoniato la libertà della Chiesa che vive nella nazione, in difesa della persona e davanti ai potenti. In piena epoca di piombo, tra gli anni 1973 e 1979, tra democrazia peronista e dittatura militare, come pastore, in mezzo al fango della storia difese tante vite e accompagnò tanti lutti. Criticò con grande fermezza tanto la repressione senza legge né misura dei militari quanto la guerriglia che in molti casi ferì il corpo stesso della Chiesa, per mano di coloro che mandavano i giovani alla violenza e alla morte, confondendo la carità con la lotta per il potere in nome dei poveri e dell’ideologia. Poi, recentemente, con la pretesa di redenzione e di conseguente concentrazione totalitaria di potere propria del populismo kirchnerista, i suoi interventi sulle questioni educative e morali essenziali sono state considerate dal governo come stretegie di articolazione dell’opposizione politica.
In questa difficile situazione, è sempre stato netto, fuori da ogni logica dell’esasperazione e della prepotenza, come della complicità e del silenzio. Ha sempre richiamato alla responsabilità di fronte a quello che accade, seguendo la via della pazienza nella verità e della giustizia nella carità e nel diritto.
Il Mistero ci dona una sequenza straordinariamente rivelatrice della creatività con la quale guida la Barca di Pietro.