Ci risiamo: «La magistratura è un cancro, una patologia del nostro sistema», ha dichiarato, a margine del processo che lo vede imputato in appello per fronde fiscale (in primo grado è già stato condannato a 4 anni) Berlusconi, tornando ad attaccare giudici e pm. Questa volta, con maggiore forza, dato che ha annunciato, per il 23 marzo, un manifestazione di piazza contro lo toghe. «C’è una parte della magistratura che utilizza la giustizia per combattere ed eliminare gli avversari politici che non si riescono ad eliminare con il sistema democratico delle elezioni», ha aggiunto. Rispetto all’inchiesta che lo vede indagato per corruzione (secondo la procura di Napoli avrebbe versato 3 milioni di euro all’allora senatore dell’Idv Sergio De Gregorio per passare al Pdl) ha, inoltre, parlato di una situazione barbara. Dicendosi convinto del fatto che i pm abbiamo utilizzato la minaccia del carcere per far parlare l’ex parlamentare. Le valutazioni di Giuseppe Verde, ordinario di Diritto costituzionale nell’Università di Palermo.



Come giudica quanto sta avvnedo sul fronte dei rapporto tra politca e pm?

Non si tratta né di ordinaria amministrazione, né di ordinaria dialettica politica. Dobbiamo tenere conto del fatto, anzitutto, che mentre la magistratura trova la sua legittimazione nella Costituzione e nelle leggi, la politica la trova nel circuito che la lega al corpo elettorale e ai cittadini. La magistratura, quindi, ha un ruolo che non interferisce istituzionalmente con la rappresentanza politica. Il problema sorge nel momento in cui alcuni tra i soggetti eletti hanno delle pendenze con la giustizia. Cosa che, spesso, può originare un rischio.



Quale?

Le iniziative giudiziarie, come alcuni sostegno, potrebbero essere pilotate ed essere innescate in occasione di alcuni dei passaggi cruciali della vita del Paese. Per intenderci, se la sentenza Ruby fosse state emessa prima delle elezioni, avrebbe avuto un effetto decisamente diverso da quella che stiamo attendendo. Di fronte ad un tale dubbio, dobbiamo chiederci: si tratta, effettivamente, di “giustizia ad orologeria”, o di carichi che, nello svolgimento dell’ordinamento, seguono la naturale scadenza?

Secondo lei?

E’ evidente che le posizioni variano a seconda del punto di vista del soggetto che promuove l’azione penale o di chi deve rendere conto del proprio operato. Quel che è certo è che se la magistratura non deve interferire in quel sacro rapporto che lega il corpo elettorale ai rappresentanti, è  pur vero che i rappresentanti eletti dovrebbero essere persone prive di carichi pendenti nei confronti della giustizia. Va anche detto che, in un ordinamento caratterizzato dalla presenza di 7mila giudici, con tre gradi di giudizio e con il filtro delle immunità parlamentari, difficilmente si può parlare di persecuzione.



 

Fatte queste premesse, e considerando l’attuale scenario, come valuta le recente esternazioni di Berlusconi?

Berlusconi afferma di essere uno delle persone più perseguitate al mondo. Scopriremo se, effettivamente, ha delle ragioni solamente una volta che le sue vicende giudiziarie saranno giunte a verdetto. Sta di fatto che invocare la piazza contro la magistratura rappresenta un fattore di profonda rottura. L’iniziativa di Berlusconi, indubbiamente, acuisce lo scontro. Il Paese dovrebbe, invece, tendere verso un punto di equilibrio nei rapporti tra magistratura e politica.

 

Come si dovrebbe fare?

Il ceto politico dovrebbe essere immune da qualunque accusa. Solo allora sarà possibile, eventualmente, dimostrare che l’iniziativa della magistratura è fraudolenta. Abbiamo, contestualmente, bisogno come non mai di una politica autorevole e forte. Se si pensa alla modifiche dell’articolo 81 della Costituzione e all’approvazione del Fiscal compact, è evidente come la nostra classe politica sia stata messa sotto controllo, nella convinzione della sua incapacità di tenere i conti in ordine. D’altro canto, le recenti elezioni hanno dimostrato che abbiamo un enorme problema di rappresentatività.

 

(Paolo Nessi)