Il piccolo, di dieci anni, era da tempo al centro di una controversia tra i suoi genitori, separati da tempo. Alcuni mesi fa fu prelevato con la forza da degli agenti, presso la scuola di Cittadella. Il provvedimento era stato disposto in seguito ad una sentenza che lo affidava al padre. In molti ricorderanno il filmato, ripreso dalla zia e diffuso da tutti i media, in cui si vedeva il bambino trascinato con la forza per i mani e per i piedi, mentre si divincolava. Ora la corte di Cassazione ha deciso di accettare il ricorso della madre che, conosciuto l’esito della sentenza, ha così commentato: «La Corte di Cassazione ha fatto giustizia di una sentenza fuori dal mondo della Corte di Appello di Venezia, basata su di una perizia che non ha nessun valore scientifico». Il riferimento, in particolare, è ai giudici che avevano ritenuto fondamentale per togliere il bambino dalle sua mamma il fatto che fosse affetto da sindrome di alienazione parentale (Pas). Avevano, cioè, ritenuto, che il bimbo fosse connotato da un «forte conflitto di fedeltà nei confronti della madre» e da «un ingiustificato rifiuto di rapporti con il padre». Secondo la Cassazione, i magistrati, in Appello, non hanno dovutamente esaminato le critiche alla patologia, omettendo così «la necessità che il giudice del merito, ricorrendo alle proprie cognizioni scientifiche, ovvero avvalendosi di idonei esperti, verifichi il fondamento, sul piano scientifico, di una consulenza che presenti devianze dalla scienza medica ufficiale». La suprema Corte, quindi, ha disposto che la Corte d’Appello della Corte di Brescia riesamini il caso, mentre il bambino è stato prelevato dalla casa famiglia dove si trovava ormai da cinque mesi. Da parte del padre, invece, c’è solo amarezza. «In che stato d’animo dovrei essere? Grazie al decreto della Corte d’Appello di Venezia avevo recuperato mio figlio, dopo anni in cui non ero più riuscito a vederlo, non sapevo neppure se era vivo o morto…», ha dichiarato.