Garlasco: una di quelle minuscole cittadine che, come Cogne, Novi Ligure, o Avetrana, lasciano l’anonimato della provincia per entrare irreparabilmente nell’immaginario comune, per sempre associate a un fatto di sangue e a un omicidio efferato che, in alcuni casi, non ha ancora un colpevole. Alberto Stasi, infatti, unico imputato per la morte della fidanzata Chiara Poggi, fu dichiarato colpevole dalla Corte d’Appello la cui sentenza ha lasciato un’amarezza infinita nella famiglia della vittima. In particolare nella madre della giovane che il 31 agosto del 2007 fu ritrovata senza vita – colpita da un oggetto pesante mai ritrovato – nella loro villetta di Garlasco, in provincia di Pavia. Le indagini partirono subito con il piede sbagliato, le ricerche furono caotiche, gli inquirenti in lotta tra loro. La madre della vittima, Rita Poggi, non si è però arresa davanti alla sentenza d’appello, che non ha trovato un colpevole, e ha fatto ricorso in Cassazione. La sua intervista esclusiva, andrà in onda stasera a “Quarto Grado”, su Rete
Quattro. Le parole della donna cui fu portata violentemente via la figlia non sono però, come ci si potrebbe aspettare, piene di risentimento o accusatorie nei confronti di Stasi. La signora Poggi non lo addita come assassino, il suo interesse è unicamente rivolto a fare emergere la verità, non ad avere un colpevole preconfezionato. Dell’ex fidanzato di Chiara non vuole parlare e non esclude nemmeno un riavvicinamento con lui ma prima deve emergere la verità. La sua non è una posizione di una madre piena di dolore, che non dimentica ma nemmeno accusa: “Tragedie del genere non si superano, ma noi siamo riusciti a restare uniti”, ha detto durante l’intervista. E ha continuato: “Prima eravamo una famiglia di quattro persone. Ora siamo in tre, ma Chiara c’è sempre”. Nonostante la delusione per la la sentenza di II grado e nonostante il fatto che l’omicida non abbia ancora un volto, i Poggi non si dicono sconfitti ma, dice Rita, “cercherò la verità finché non la troverò… Perché a dei genitori sono dovute delle risposte e delle certezze: davanti alla morte di una ragazza bisogna fare il possibile per cercare verità e giustizia”. Se Alberto Stasi fu assolto per l’omicidio, è stato però condannato, la scorsa settimana, per per detenzione di materiale pedopornografico che fu ritrovato nel suo pc all’epoca della morte di Chiara. La Corte d’Appello, il 14 marzo, ha espresso la pena in trenta giorni di carcere, convertiti poi in 2.540 euro di multa e ha confermato all’ex bocconiano l’interdizione dagli incarichi nelle scuole e in attività a contatto con minori. Uno dei suoi legali, Angelo Giarda, ha dichiarato di aver fatto ricorso alla Suprema Corte, che darà il via all’udienza il 5 aprile.