Il 22 marzo si festeggia la memoria di Santa Lea, nobildonna vissuta nel IV secolo di cui conosciamo la vita attraverso gli scritti di san Girolamo. Nella seconda metà del IV secolo, i cristiani di Roma, come sempre molto numerosi, erano inquinati al loro interno dai voltagabbana. Questa presenza, dannosa e pericolosa come poche altre per la vita della Chiesa e della sua comunità di fedeli, veniva contrastata con la forza della fede insita negli animi di quella parte di credenti genuina e non ipocrita. È in questi tempi che visse Lea, donna generosa e riservata a tal punto che esiste un’unica e sola testimonianza della sua vita. San Girolamo, in una lettera indirizzata alla gentildonna Marcella (che aveva fondato una comunità femminile di stampo monastico nella sua residenza sull’Aventino) ha descritto la futura santa come donna di nobili natali rimasta vedova in giovane età. Alle orecchie del santo era giunta voce che la giovane fosse destinata in sposa a un personaggio illustre dell’epoca, tale Vezzio Agorio Pretestato, chiamato ad assumere il titolo di Console.
Lea, però, non volle accettare il destino che era stato deciso per lei, ed entrò nella comunità di Marcella, in cui si conduceva una vita casta e povera all’insegna dello studio delle Sacre Scritture e della preghiera. Girolamo ha definito Lea “maestra di perfezione alle altre più con l’esempio che con la parola“, e che fu di un’umiltà così sincera e profonda che, “dopo essere stata gran dama con molta servitù ai suoi ordini, si considerò poi come una serva“. Tratto caratteristico di Lea, infatti, era il parlare poco e agire molto. Lo capì presto anche la stessa creatrice dell’ordine di cui Lea era entrata a far parte, la quale iniziò a nutrire per la futura santa una fiducia totale, cieca. La stima che Marcella ebbe nei confronti della discepola arrivò a toccare un punto così alto che la nobildonna le affidò il compito non facile di formare le giovani del convento nella pratica della carità silenziosa e nascosta agli occhi della gente e nella vita di fede. Anche alla luce di questa nuova mansione, Girolamo scriveva che sarebbe stato difficile, dopo che Lea aveva “mutato le vesti delicate nel ruvido sacco” e mangiava insieme ai poveri che aiutava, riconoscere in quella donna così umile e devota l’aristocratica che era stata un tempo.
Da quando la santa morì a oggi non sono state trovate altre testimonianze riconducibili alla sua vita e alle sue opere. Né uno scritto, né il ricordo di altri contemporanei. Soltanto la lettera di san Girolamo scritta nel 384, quando Lea era già stata sepolta a Ostia. Questo è un fatto che testimonia molto meglio di altri lo stile di vita di Lea, improntato al più grande riserbo. Come detto: poche parole, molti fatti. E sta proprio qui la grandezza di questa donna: i nobili natali non le hanno impedito di guardare la vita con gli occhi dei più umili e rendere meno dura la vita delle persone più povere.