Anche la Cnn ha aperto stamattina con una breaking news tutta dedicata alla decisione della Corte di Cassazione: Amanda Knox e Raffaele Sollecito non possono più essere considerati innocenti e il processo sul caso Meredith va rifatto. Un altro ribaltone, dopo che i due ragazzi, condannati in primo grado, erano stati assolti in appello: ora sono di nuovo imputati con l’accusa di essere loro gli assassini di Meredith Kercher, la ragazza inglese uccisa la nostte del 1 novembre 2007 nel suo appartamento di Perugia. Secondo l’avvocato Paolo Tosoni, contattato da ilsussidiario.net, “è abbastanza anormale che processi di questo tipo subiscano dei ribaltoni di questo tipo”. I processi indiziari, spiega “dove manca la prova concreta, sono normalmente i più difficili sia per la difesa che per l’accusa, ma anche per chi deve giudicare. Inoltre questo processo, come altri analoghi, soffre di una attenzione mass mediatica esagerata, che inevitabilmente limita la tranquillità e la serenità dei magistrati che devono giudicare”.



Avvocato: si ricomincia da zero, tutto da rifare nel processo sulla morte di Meredith Kercher. Le sembra plausibile?
Va detto innanzitutto che questo processo, come altri del resto, a mio avviso soffre di una attenzione mass mediatica esasperata. Ormai è inevitabile nel mondo della comunicazione di oggi dove questo livello di pressioni, questo bombardamento di dati, di interpretazioni, sono inevitabilmente amplificati dai media, rischiando così di non lasciare ai magistrati la tranquillità e la serenità necessarie a ponderare vicende così difficili. I magistrati sono uomini e anche se dovrebbero essere più impermeabili degli altri subiscono questo tipo di influenze.



E’ una causa sufficiente, questa, per arrivare a tanti cambiamenti di giudizio?
Non è un caso trovare delle decisioni così contrastanti proprio su processi che hanno questo tipo di sovraesposizione. Questo è un limite che purtroppo caratterizza questa tipologia di processi. E’ vero che oggi nel nostro tipo di società sia inevitabile, ma non fa bene a una buona amministrazione della giustizia.

In effetti oggi tutti i maggiori siti mondiali hanno aperto con la breaking news del processo da rifare…
C’è un altro aspetto da tenere in considerazione: in questo processo c’è stata anche una pressione, se vogliamo indebita, da parte di una nazione, gli Stati Uniti, che comunque ha fatto sentire la propria voce a protezione di una sua cittadina. Quasi dando per scontato che dovesse essere innocente perché americana, e questo ovviamente non è possibile. Inoltre gli americani criticano il nostro sistema giudiziario, molto diverso dal loro che, per certi versi, è più celere ma anche meno garantista. Non dimentichiamoci che negli Stati Uniti una sentenza di primo grado difficilmente sarebbe stata ribaltata mentre in Italia questo accade, e di per sé non è un aspetto negativo.



La domanda che tutti si fanno adesso è: Amanda Knox tornerà in Italia a farsi giudicare?
Può sicuramente non partecipare al dibattimento. Per come è costruito il processo in Italia, l’imputato non ha l’obbligo di intervenire, non ha l’obbligo di rispondere, non ha l’obbligo di dire la verità. Ovviamente tutto questo comportamento processuale viene valutato dai giudici, però Amanda Knox non è obbligata a tornare in Italia.

Ma non c’è il rischio che, in caso di condanna, rimanga negli Usa? Potrebbe dover tornare se dovesse venir chiesta una misura di custodia cautelare, anche se in questa fase processuale tale prossibilità si presenta complicata perché c’è comunque una assoluzione in secondo grado, quindi tale richiesta è praticamente insostenibile.A meno che non si sostenga che, in caso di conferma della condanna, come già successo in altri casi la persona potrebbe non fare ritorno in Italia per sottrarsi all’esecuzione della pena. Ma qui entrano in gioco tutti i problemi legati all’estradizione, quindi non credo che si arrivi a formulare una richiesta di questo tipo.

Un bel caso complicato dunque.

Sicuramente un caso complicato, anche perché si tratta di un processo indiziario dove alcuni elementi probatori classici di un omicidio non sono stati rinvenuti.

Ecco: in casi come questo dove manca la prova concreta, come fa il giudice a formulare una sentenza? Non rischia di farsi influenzare dagli atteggiamenti dell’imputato stesso?
I processi indiziari sono di norma i più difficili sia per la difesa sia per l’accusa, ma anche per chi deve giudicare. La valutazione dell’indizio per farlo assurgere a prova – perché in assenza di prove non si può ovviamente condannare – è una valutazione anche giuridicamente complessa. Capisco dunque che questa tipologia di processo, oltre all’aspetto mass mediatico illustrato prima, sia quella che più si presta a giudizi contrastanti. Questo spiega anche l’assoluzione prima e ora la decisione della Cassazione che, non convinta di quanto emerso dal processo, impone ai giudici dell’appello di rivisitare nuovamente tutto il costrutto indiziario, perché dovrà capire se c’è il processo probatorio o no.

Il giudice dunque è l’ultimo che ha in mano vita e destino dell’imputato…
Il giudice è un uomo, dire che è non influenzato totalmente o che è impermeabile alla persona che deve giudicare, che vede come risponde, come si comporta, sarebbe non realistico. Certamente il giudice, nonostante l’impressione che si è fatto durante il dibattimento, deve avere la capacità di fare fino in fondo il proprio ruolo, che è quello dell’interpretazione dei dati processuali, e scindere il suo giudizio dall’impressione che ha avuto dell’imputato. Ma certo, in queste situazioni la verifica dei dati processuali è complessa. Ricordiamo anche che il nostro sistema penale impone che se non si arriva a raggiungere la prova attraverso una serie di elaborazioni, il giudice dovrà mantenere il principio di innocenza.

(Paolo Vites)