Dopo essere stata approvata oltre dieci anni fa, presto l’eutanasia in Belgio potrebbe essere consentita anche ai minorenni. Il Senato ha infatti riaperto i dibattiti volti a modificare la legge sulle richieste di eutanasia nel tentativo di ampliare tale possibilità anche ai minori di 15 anni e ai malati di Alzheimer. Su iniziativa di Philippe Mahoux, colui che nel 2002 firmò la legge con cui venne ufficialmente introdotta l’eutanasia, il Senato belga ha iniziato ad ascoltare alcuni esperti. Il paese oggi è in subbuglio e se – da una parte – gli studi di una ricercatrice dell’Università di Gand rivelano che circa il 50% dei decessi dei bambini al di sotto di un anno in Belgio è ricollegabile a una forma di eutanasia (attiva o passiva), si organizzano grandi marce per la vita da parte dei cristiani in tutto il paese. Noi ne abbiamo parlato con il dottor Renzo Puccetti, specialista in medicina Interna e socio fondatore dell’Associazione Scienza & Vita.
Come giudica quanto sta avvenendo in Belgio?
Il mio giudizio non potrebbe essere più negativo. Una volta infranto il principio della indisponibilità e inalienabilità della vita umana, ecco che inevitabilmente sopraggiungono molti altri tipi di violazione.
Cosa intende?
Prendiamo l’esempio dell’Olanda: iniziando con l’aborto, ben presto è stata legalizzata anche l’eutanasia, poi progressivamente allargata a sempre più casi. Inizialmente era infatti prevista solo per i pazienti in fase terminale, poi per quelli cronici, poi anche per quelli con malattie psichiche, fino ad arrivare addirittura all’eutanasia non volontaria. Infine ecco il Protocollo di Groningen che prevede l’eutanasia per i neonati affetti da patologie che, tra l’altro, sono perfettamente compatibili con la vita, come la spina bifida.
Anche il Belgio sta quindi percorrendo la stessa strada?
Proprio così. Dopo aver legalizzato l’eutanasia nel 2002, è come se il percorso fosse stato già scritto. Resta però il fatto che, dal punto di vista strettamente medico, l’eutanasia rappresenta semplicemente la volontà di eliminare un problema eliminandone il portatore: c’è una sorta di imprinting ideologico volto a definire la possibilità che si possa vivere una vita senza sofferenze. E’ proprio questo il motivo per cui l’eutanasia viene legalizzata.
Cosa ne pensa?
E’ illusorio pensare di porre dei confini alla sofferenza, perché parliamo di qualcosa di soggettivo che può essere esistenziale o causata da una grave malattia. Vorrei ricordare il caso di un uomo che in Olanda ottenne l’eutanasia semplicemente perché, arrivato a un’età avanzata e senza alcuna patologia, non trovava più un motivo per vivere. Sempre in Olanda, inoltre, sono già state eseguite eutanasie su pazienti affetti da malattie mentali e malattie neurologiche, come il morbo di Alzheimer.
Quello che si sta cercando di fare anche in Belgio…
Certo, ma questo è decisamente contraddittorio rispetto a chi propone l’eutanasia come strumento dell’autodeterminazione. Citando dati recenti, uno studio del 2011 ha evidenziato che l’84% dell’eutanasia in Belgio viene effettuata nella regione fiamminga.
Cosa significa?
Che esiste un evidente problema culturale, perché non è possibile che quasi tutte le malattie terminali siano registrate proprio in quella parte del Paese. Un altro studio del 2010, invece, mette in evidenza che, sempre in Belgio, 1 eutanasia su 3 viene eseguita senza il consenso del paziente. E’ proprio su questi numeri che si infrange il “mito” dell’autodeterminazione.
(Claudio Perlini)