Lavoro a Medici Senza Frontiere dal 1994 e sono coordinatrice di uno dei settori della Raccolta Fondi della nostra Organizzazione. Ho conosciuto personalmente Carlo Urbani alla fine degli anni novanta e ho avuto il piacere di frequentarlo nel periodo della sua Presidenza MSF, e parlare di Carlo resta sempre una grande emozione. Era una persona speciale, una delle tante figure della nostra organizzazione che mi hanno dato tantissimo, sia umanamente che professionalmente. Un medico, nel vero senso del termine, che sentiva la “sua missione”, quella di stare accanto alla gente, ai suoi pazienti, per assisterli, curarli e risolvere i loro problemi. Questo senza risparmiarsi, senza tirarsi indietro, ma sempre con la stessa dedizione, con lo stesso impegno, e la sua morte ne è l’ultimo esempio.
Chi era Carlo? Una persona solare, un innamorato della vita, un grande professionista, competente ma nello stesso tempo una persona che sapeva star bene in ogni situazione. Un medico che sapeva raccontare come volontario e operatore umanitario di MSF, al suo ritorno, quanto aveva visto. Riportando talvolta la propria rabbia e frustrazione, senza però mai permettere alla rassegnazione di prendere il sopravvento ma al contrario alimentando quella passione e l’impegno nel trasformare queste esperienze sul terreno in efficaci strumenti di comunicazione e sensibilizzazione verso l’opinione pubblica, per far conoscere a tutti realtà troppo spesso lontane dalle telecamere e dai riflettori. Carlo voleva che quell’atmosfera propria della missione MSF si riuscisse a rivivere anche fra le quattro mura della nostra sede in Italia, perché soltanto così saremmo riusciti a distinguerci dalle altre organizzazioni, rimanendo ancorati alla nostra mission, quella che ogni essere umano ha il diritto inalienabile di essere curato e assistito, in qualsiasi parte del mondo, senza nessuna distinzione di sesso, etnia o religione.
Ed è proprio con questo spirito che Carlo va ad Oslo, con parte della delegazione di MSF, per ritirare il Premio Nobel per la Pace, di cui Medici Senza Frontiere è stata insignita nel 1999. Lo spirito di chi, racconta poi in una sua dichiarazione, sostiene che il premio non è per Medici Senza Frontiere ma per l’idea che salute e dignità sono indistinguibili nell’essere umano; è per l’impegno a restare vicini alle vittime, a tutelarne i loro diritti, lontani da ogni frontiera di discriminazione e divisione, che MSF ha avuto il Nobel per la Pace.
Ma Carlo era anche assolutamente convinto della grandissima importanza dei nostri sostenitori, “Medici Senza Frontiere”, diceva, “è indipendente e può agire in modo efficace e immediato proprio grazie a loro”.
Più di una volta, quando era presidente di MSF, è stato coinvolto, come presenza istituzionale, in eventi per la raccolta fondi e con grande disponibilità è sempre stato pronto ad aiutarci e coi suoi racconti affascinava le platee, che seguivano interessate il suo linguaggio professionale ma allo stesso tempo semplice e chiaro.
Ecco, questo era Carlo. Sempre pronto a divertirsi con ironia e sagacia. Di lui ricordo ancora le lunghe chiacchierate, sul futuro di Medici Senza Frontiere in Italia, su come ingrandire la nostra base associativa, sul suo ruolo di presidente, ma soprattutto sulla realizzazione di uno dei suoi sogni. Nel 2000 Carlo, con la collaborazione della Fondazione Ivo de Carneri – del cui comitato scientifico viene eletto membro -, dell’Ospedale di Macerata e di MSF, organizza a Macerata un corso di medicina tropicale, dove più della metà dei partecipanti sono medici dai paesi in via di sviluppo, invitati per merito, con borse di studio che proprio lui riesce ad ottenere grazie al suo grande carisma ed entusiasmo. Il sogno di istituire una formazione per medici del terzo mondo è stato un altro dei traguardi raggiunti dalla sua grande volontà di trasferire esperienze che potessero servire ad altri nel raggiungimento di quello che avrebbe voluto fosse l’accesso alle cure per ogni essere umano.
Poi, quando Carlo è andato a lavorare per l’Organizzazione Mondiale per la Sanità come esperto in malattie infettive e parassitarie per Cambogia, Cina, Laos e Vietnam, noi colleghi di MSF gli dicevamo, prendendolo in giro, che si sarebbe “burocratizzato”. Lui, al contrario, era assolutamente convinto di poter cambiare le cose dal di dentro, dentro le organizzazioni che avevano un certo potere, solo così avrebbe potuto portare avanti la sua causa. Una causa nella quale Carlo ha creduto, fino in fondo.
Quella di chi si impegna ad assistere e curare, ma nello stesso tempo a testimoniare, denunciare e far sapere, fino a che ci sarà anche un solo essere umano a cui restituire la dignità e il sacrosanto diritto di essere curato. Un’eredità che Carlo, come tanti altri, ci ha lasciato e per la quale continuiamo a lavorare, ancora oggi.