“La frammentazione della famiglia, l’aumento delle coppie senza figli e la crescita esponenziale degli anziani stanno portando l’Italia al suicidio demografico. Il fatto che il nostro Paese non abbia in previsione un rinnovamento delle generazioni produrrà effetti di vasta portata sullo sviluppo economico e sul sostegno al Welfare State”. Ad affermarlo è Pierpaolo Donati, direttore dell’Osservatorio Nazionale sulla Famiglia, che di recente ha pubblicato un rapporto dal titolo “La famiglia in Italia. Sfide sociali e innovazioni nei servizi”. Per Donati “il fattore famiglia, lo strumento elaborato dall’Osservatorio per dare una risposta politica al problema, ha ottenuto un consenso trasversale, ma non è diventato legge per l’opposizione del ministero dell’Economia del governo Monti”.



Quali cambiamenti in corso emergono dal rapporto dell’Osservatorio Nazionale sulla Famiglia?

Il rapporto descrive le tendenze di lungo periodo e in particolare le proiezioni dell’andamento della popolazione italiana da qui al 2030-2050. Gli aspetti fondamentali sono la frammentazione della famiglia, l’aumento delle persone sole, delle coppie senza figli, che ormai sono più di quelle con i figli, e l’incremento degli anziani. La novità è piuttosto il fatto di avere fornito le prime proiezioni, che neanche l’Istat ha dato, su questi fenomeni nei prossimi decenni, come supporto al piano nazionale delle politiche familiari. Dal momento che è passato un anno, sono passate delle modifiche per aggiornare una serie di misure come quella dei congedi genitoriali e della conciliazione famiglia lavoro. Le tendenze sono quindi quelle che l’Istat ha già detto, ma la novità è il fatto di avere mostrato che l’Italia va verso il “suicidio demografico”.



Quali sono le conseguenze di questa tendenza?

Sia lo sviluppo economico sia il sostegno del Welfare State dipendono dalla forza lavoro e dal rinnovamento delle generazioni, che purtroppo l’Italia non ha in previsione con le proprie forze. Un altro discorso è quello relativo all’immigrazione, cui nella nostra ricerca è dedicato un capitolo scritto dal professor Gian Carlo Blangiardo, sulle quote di immigrazione e sul numero di immigrati attuali e previsti in Italia nei prossimi anni. Queste quote di immigrati non sono però idonee a rimpiazzare una “riproduzione normale” da parte della popolazione.



Qual è la legislazione sociale più avanzata resa necessaria dai mutamenti in corso?

Il rapporto è molto ricco di proposte, che sono difficili da identificare e riscontrare nel dibattito italiano. Le proposte sono contenute essenzialmente nella bozza di piano nazionale di politiche familiari che è pubblicato nel rapporto, a cominciare dal “fattore famiglia”. Quest’ultimo ha trovato concordi tutte le forze sociali, i sindacati e i partiti, a differenza del quoziente familiare sul quale c’erano riserve di carattere politico, soprattutto da parte della sinistra, che sosteneva che produce un effetto regressivo in quanto penalizza le classi sociali più basse.

 

E quindi?

Il “fattore famiglia” evita anche questo rischio e quindi ha ottenuto un grande consenso. Purtroppo non è poi passato nel piano effettivamente approvato dal consiglio dei ministri, documentando che i governi non intendono affatto attuare una politica di equità fiscale nei confronti della famiglia. La nostra idea è stata quella di applicare il “fattore famiglia” anche agli altri tributi imposti alle famiglie, sia a livello nazionale sia a livello locale, a partire da utenze domestiche, televisione, telefono, acqua, luce e gas.

 

Se il fattore famiglia ha ottenuto un consenso trasversale, per quale motivo non è stato approvato?

Per l’opposizione del ministero dell’Economia e delle Finanze. Sia con Tremonti durante il governo Berlusconi, sia con ministri economici del governo Monti, il Mef ha ostacolato l’approvazione delle nostre proposte. La motivazione principale è che queste ultime costerebbero troppo: il ministero ha quantificato la spesa in 14 miliardi di euro. Si tratta però di una giustificazione mal posta, in quanto il fattore famiglia aveva il pregio di essere modulabile.

 

Che cosa significa?

Significa che potrebbe essere introdotto con un costo iniziale di 1 o 2 miliardi, elevabile a 4 miliardi sulla base delle possibilità del bilancio dello Stato nel momento in cui passerà a regime. Il vero problema riguarda però la definizione della famiglia, e cioè se vadano comprese al suo interno tutte le forme, incluse le coppie omosessuali e le convivenze senza matrimonio. Ogni volta che si discute di chi sia il titolare degli sgravi fiscali per la famiglia, nasce il problema giuridico dell’individuazione di chi ha i titoli per avere questi benefici.

 

(Pietro Vernizzi)

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