Il Conclave 2013 per eleggere il successore di Benedetto XVI inizierà il prossimo martedì 12 marzo. Nella mattinata si incomincerà con la messa Pro Eligendo Pontefice, quindi i cardinali entreranno nella Cappella Sistina. Alla riunione di ieri mattina hanno preso parte 151 porporati, di cui 115 sono gli elettori e 36 i non elettori con più di 80 anni. Ilsussidiario.net ha intervistato Ambrogio Piazzoni, vice-prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana.



Per quale motivo come data del Conclave è stato scelto proprio il 12 marzo?

La legislazione vaticana prevede che i cardinali presenti a Roma debbano attendere per 15 giorni l’arrivo degli altri. Benedetto XVI ha emanato il documento del Motu Proprio poco prima del 28 febbraio, interpretando questa norma nel senso che se tutti i cardinali fossero stati a Roma e avessero preso la decisione di iniziare prima il Conclave, lo si poteva fare. La data del 12 marzo anticipa quindi di tre giorni il tempo canonico, secondo l’eccezione consentita dal Motu Proprio.



A suo modo di vedere, il modo in cui i media italiani hanno presentato le Congregazioni pre-Conclave è realistico?

Su questo ho tanti dubbi. Il tipo di chiave interpretativa che si tende sempre a dare per questi confronti è la stessa per gli incontri tra Monti e Bersani. E’ come se si immaginassero i cardinali che continuano a elaborare strategie, a contare i voti e a cercare di mettersi d’accordo. A essere a tema sono invece problemi molto seri e importanti, che riguardano il futuro della Chiesa, ciò che dovrà fare il prossimo Papa e in quale direzione si muoverà. Ci sono quindi opinioni differenti, c’è chi vuole un Papa più abile a governare la Chiesa, chi lo vuole più testimone del Vangelo, chi vuole che abbia entrambe le qualità. Si tratta delle solite normali posizioni all’interno della Chiesa.



Per Repubblica, all’interno delle Congregazioni è in corso un confronto tra riformatori ed esponenti della Curia. Condivide questa analisi?

I cardinali sono i rappresentanti della Chiesa universale e al loro interno ci sono tutte le posizioni che esistono nella Chiesa. Non penso però che sia corretto bollare i singoli cardinali come conservatori o progressisti, perché non è esattamente secondo queste prospettive che ci si muove.

Il Pontificato di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI indicano o suggeriscono ai cardinali una strada da percorrere?

La strada da percorrere è quella indicata in modo quasi costante e perfettamente unitario almeno da Giovanni XXIII in poi. Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI sono tutti andati nella direzione di un’attualizzazione dei contenuti del Concilio Vaticano II. C’è quindi una linea comune che prosegue direttamente dai tempi di Giovanni XXIII.

 

Qual è la sfida più grande che attende il nuovo Papa?

Le sfide sono tante, quella più grande consiste nel predicare il Vangelo di Gesù Cristo ed essere un testimone della fede nel mondo di oggi. E’ ciò che il Papa deve fare, come dice San Pietro: “Siate sempre pronti a rispondere a chiunque vi chieda di dare ragione della vostra fede”. Che poi questo si concretizzi con un occhio più attento alla medialità dell’informazione e al fatto di rapportarsi con il mondo, oppure all’organizzazione interna della Chiesa, sono tutte cose che possono avvenire, anche contemporaneamente, grazie alla stessa persona.

 

I media si concentrano sulla cosiddetta “prima volta”: la prima volta di un Papa proveniente dal continente americano, dall’Africa e così via. In quale considerazione i cardinali tengono questi elementi?

L’aspetto geografico è veramente l’ultimo degli elementi a essere preso in considerazione, se non proprio un aspetto che sarà del tutto trascurato. Tutti i cardinali intervistati lo hanno ripetuto: quello dell’appartenenza razziale e nazionale è un tema che non entra nel gioco delle decisioni. Si individuano i bisogni concreti e reali della Chiesa nell’immediato prossimo futuro, cioè nei prossimi anni o decenni, e si cerca la persona che sembra più adatta alla luce della preghiera e delle considerazioni fatte nel silenzio e nel confronto con Dio. Questa persona deve rispondere a ciò che i cardinali disegnano come il possibile modello di Papa. Se poi il risultato sarà quello di eleggere un asiatico, un africano, un americano o un italiano, per il Conclave non ha nessun peso.

 

(Pietro Vernizzi)