Uno, ventuno e centosette: una donna muore a Bagnoli per carcinoma polmonare, ventuno persone finiscono indagate per disastro ambientale, centosette milioni sono stati spesi per realizzare la bonifica che la Procura di Napoli dichiara invece non essere mai avvenuta. 

Sono questi i numeri e i fatti all’essenziale che definiscono l’ultima incredibile vicenda legata ai luoghi dove appena un mese fa bruciava in un rogo ambiguo Città della Scienza. Il tutto a meno di una settimana dall’avvio delle regate di Coppa America nelle acque del Golfo.



E proprio dai lavori preparatori alla grande gara velica erano trapelate lo scorso anno un’informazione e una preoccupazione alla quale la città non ha dato il peso che meritavano.

La Procura di Napoli, infatti, vietò duramente l’utilizzo dell’area occupata dai resti industriali di Italsider e Cementir consigliando quello spostamento sul lungomare che tanti guai avrebbe provocato alla circolazione stradale e che proprio in questi giorni è culminato nella protesta di piazza di commercianti, pubblici esercenti e varia umanità.



Insomma, un finale quasi annunciato dell’inchiesta condotta dal pubblico ministero Stefania Buda con i sostituti Nunzio Fragliasso e Francesco Greco. Un finale che, per quanto prevedibile, lascia tutti di stucco con il sequestro da parte del Tribunale del vasto territorio che sarebbe dovuto diventare la più importante opera di trasformazione urbana di Napoli.

Gli inquirenti non fanno sconti a nessuno. E infatti tutti coloro che sono stati a vario titolo responsabili negli anni dell’opera di risanamento ambientale – costata una cifra esorbitante e ora messa pesantemente in discussione – sono finiti nella rete della giustizia. Con triste soddisfazione di chi, associazioni ambientaliste in prima fila, ha sempre sollevato dubbi sulla qualità degli interventi effettuati.



La storia ha dell’incredibile perché – se risulterà confermata dal processo – dimostra che a Bagnoli non ha funzionato nulla, essendo saltati tutti i ruoli in una commistione tra controllori e controllati che ha condotto al risultato che oggi ci troviamo a commentare a caldo.

Nel mirino dei magistrati sono finiti tra gli altri l’ex direttore del ministero dell’Ambiente Gianfranco Mascazzini, due ex vice sindaci come Sabatino Santangelo e Rocco Papa, l’ex direttore della società Bagnoli Futura (nata proprio per riqualificare la zona) Mario Hubler e tutta la filiera di funzionari pubblici e ditte specializzate che avrebbe dovuto garantire il risultato.

Le accuse sono pesantissime. Invece che restituire i terreni alla possibilità di nuovi investimenti, l’azione pasticciata – resta da verificare con quanto dolo e quanta colpa – dei soggetti coinvolti ha peggiorato la situazione ambientale con gravi danni anche per il mare, considerato tra i più belli al mondo e adesso, dopo le notizie di reato, anche tra i più inquinati.

I danni all’ambiente e all’immagine sono incalcolabili. Una serie di cattive notizie seppellisce la città che lo scorso anno balzava agli onori della cronaca per essere sommersa dai rifiuti urbani. Invece del riscatto, per il quale pure tanti sforzi sono stati fatti, giunge la conferma dei peggiori presentimenti.

È vero, tutto è ancora da provare. Ma il fango sale e, considerate le condizioni economiche in cui versa la metropoli, di tutto ci sarebbe stato bisogno tranne che di un altro colpo alla reputazione della sua classe dirigente o, meglio, di una fetta consistente di essa.