Il pianista e compositore classico turco Fazil Say, che si professa ateo, è stato condannato a dieci mesi di carcere per aver postato dei tweet sarcastici sulla religione islamica. Durante il processo, iniziato lo scorso ottobre, Say ha dichiarato di essere forse la prima persona al mondo sotto processo per aver dichiarato il suo ateismo. I suoi tweet non sono infatti passati inosservati ed è scattata prima la denuncia, quindi la condanna: il caso è diventato in Turchia simbolo di quella che viene considerata da molti la svolta fondamentalista del premier Erdogan. Ilsussidiario.net ha chiesto un commento al pianista iraniano Ramin Bahrami, che con la famiglia dovette fuggire dal suo paese all’indomani della rivoluzione islamica: “Condanno ogni forma di integralismo e di conseguenza condanno questa cosa bruttissima che ha fatto il governo turco nei confronti del mio collega Fazil Say” ha detto Bahrami, che ha poi spiegato quale sia, secondo lui, il ruolo dell’artista nella socierà islamica, ma non solo in questa.



Bahrami, lei conosce personalmente Fazil Say?
No, lo conosco di fama, per il suo lavoro e per le sue registrazioni che apprezzo molto, ma non l’ho mai incontrato di persona.

Come giudica la condanna che ha subìto? 
Da persona assolutamente libera e amante della democrazia quale sono, ma anche della libertà di opinione, di esprimere cioè qualsiasi opinione, condanno ogni forma di integralismo. Per questo non posso che condannare questa bruttissima cosa che sta facendo il governo turco nei confronti del mio collega. 



Pensa che la Turchia si stia indirizzando verso una svolta fondamentalista?
Quella attuata nei confronti di Say è una persecuzione. Certo, possiamo dire che lui forse non ha fatto una cosa molto saggia scrivendo ciò che ha scritto, perché essendo turco doveva sapere che sarebbe andato a urtare la sensibilità di qualche politico o di qualche religioso. Avrebbe potuto tranquillamente evitare questa cosa. Personalmente non avrei mai fatto quello che ha fatto lui, ma comunque condanno qualsiasi forma di repressione e di attacco verso una persona che, dopo tutto, ha avuto solo un momento di leggerezza.



Possono convivere fede islamica e arte?
Ritengo che un artista debba poter professare il credo religioso a cui si sente più vicino, ma soprattutto sostengo che l’artista debba fare l’artista.

Ovvero? Quale sarebbe secondo lei il ruolo dell’artista nella società islamica?

Il ruolo che deve avere in qualunque tipo di società. L’artista deve difendere il bello e la bellezza e dunque la cultura nella società. Deve essere capace di rendere accessibili ai più i messaggi chiusi e nascosti nell’arte, renderli accessibili alla comunità. Questo è il dovere dell’artista.

Ma deve anche occuparsi di politica?
Certo, perché no: un artista deve avere anche una posizione sociale e politica non indifferente perché ovviamente è un luminare. L’artista conosce ed è in grado di sentire cose che gli altri a fatica sentono. Gli artisti devono essere un esempio da seguire ma soprattutto essere un raggio di luce: dove sentono che c’è l’ingiustizia, possono anche intervenire.

Si può dire allora che il fondamentalismo islamico di oggi reprime gli artisti, cosa che la religione islamica nella sua essenza invece non fa?
Purtroppo oggi  nell’islam, ma anche in altre religioni, ci troviamo davanti a persone opportuniste. Non credo sinceramente che tanti credo religiosi vengano professati nella loro originalità e questo accade anche nell’islam. Almeno l’islam che ho conosciuto io è una religione basta sulla tolleranza e sulla pace, che non ha nulla a che vedere con quello che vediamo oggi. Succede purtroppo che ciò che ci conviene ci porta a deformare le religioni adattandole al nostro interesse.