La Direzione Investigativa Antimafia (Dia) ha arrestato otto persone accusate di essere coinvolte nella strage di Capaci. A portare a questo risultato sono state le rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza, che ha portato la Procura di Caltanisetta ad arrestare Salvo Madonia, Giuseppe Barranca, Cristofaro Cannella, Cosimo Lo Nigro, Giorgio Pizzo, Vittorio Tutino e Lorenzo Tinnirello. Ilsussidiario.net ha intervistato Rita Borsellino, europarlamentare del Pd e sorella del giudice Paolo Borsellino.



Qual è il significato di questi otto nuovi arresti per la strage di Capaci?

Questi otto nuovi arresti significano innanzitutto che non ci si accontenta di risultati parziali, ma che si continua a cercare la verità, in un’Italia che troppo spesso ha trascurato questo aspetto. Ciò è stato permesso dall’unione di due elementi. Da un lato ci sono le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia come Gaspare Spatuzza, che si è rivelato credibile e che ha permesso la continuazione delle indagini su via D’Amelio. Dall’altra c’è la magistratura che ha veramente voglia di capire come sono andate le cose, e che ha continuato a indagare fino ad arrivare agli otto arresti.



Si può scoprire ancora qualcosa sui mandanti della strage di Capaci?

Spero di sì, auspico che si facciano altri passi avanti e tutto lo fa pensare. I fratelli Graviano, a capo della cosca di Brancaccio, tenevano i rapporti con i livelli esterni rispetto alla mafia. E’ questo l’elemento che sta emergendo dalle varie indagini, e quindi potrebbe essere un passo in più nella ricerca dell’accertamento delle responsabilità esterne.

Nel realizzare le stragi di Capaci e via D’Amelio, l’obiettivo della mafia era quello di destabilizzare lo Stato?

E’ proprio a questa domanda che sta cercando di dare una risposta il processo che si sta svolgendo a Palermo sulla strage di via D’Amelio. Abbiamo quindi due processi che si svolgono parallelamente, ma che affrontano due tematiche che non sono certamente estranee l’una all’altra.



Ma il significato delle due stragi è stato lo stesso?

Noi sappiamo che le stragi di Capaci e via D’Amelio facevano parte di una stessa strategia. Ci sono poi stati elementi e responsabilità diverse che sono entrate in gioco nell’una o nell’altra strage. A condizionare l’esito dei processi è stata anche una serie di reticenze e di verità costruite a tavolino. Tutto questo ci fa pensare che la strage di via D’Amelio abbia delle matrici diverse da quella di Capaci, ma è chiaro che le due cose sono concatenate.

 

Perché, a differenza che per la strage di Capaci, su via D’Amelio gli investigatori brancolano ancora nel buio?

Mio fratello Paolo, pochi giorni prima di morire, dichiarò: “Ricordatevi che quando mi ammazzeranno non sarà stata soltanto la mafia”. Individuare ciò che non era soltanto mafia ha impiegato più tempo, ma anche una maggiore fatica. Non dimentichiamo che i processi sulla strage di via D’Amelio avevano portato a una sentenza, che era già passata al vaglio della Cassazione, e che oggi si ricomincia a indagare su attività parallele che avevano portato a falsi collaboratori di giustizia e, se mi passa l’espressione, “a false verità”.

 

Se non è stata la mafia, chi può essere stato ad avere ammazzato suo fratello Paolo?

Si è ipotizzato che fossero coinvolti i servizi segreti e che fossero presenti una serie di vari personaggi. E’ tutto un lavoro che bisogna ancora svolgere, ma nel quale probabilmente si annida una verità che si è cercato di occultare in tutti i modi. Nel frattempo sono stati arrestati 77 indagati nell’ambito dell’operazione “Fiore bianco” contro Cosa nostra.

 

L’impegno dello Stato contro la mafia sta dando buoni risultati?

Sta dando buoni risultati grazie al fatto che di recente c’è stata continuità nella ricerca della verità, una cosa che in passato era mancata. Le indagini portano quindi a risultati sicuramente apprezzabili.

 

(Pietro Vernizzi)