Il 17 aprile è il giorno liturgico stabilito dalla Chiesa di Roma per la commemorazione di santa Caterina Tekakwitha, e delle beate Chiara Gambacorti, domenicana, e Maria Anna di Gesù, mercedaria. Caterina (Kateri) Tekakwitha nacque a Osserneon, nei pressi di Auriesville, nell’odierno stato di New York, nel 1656. Era figlia di una coppia di nativi americani, che morirono, lasciandola orfana a soli quattro anni, dopo una terribile epidemia di vaiolo. Dopo la scomparsa dei genitori, la piccola Tekakwitha andò a vivere nella capanna di uno zio paterno e, grazie all’attività di missionari gesuiti, si avvicinò al messaggio cristiano. La sua nascente fede venne ostacolata fortemente dallo zio che tentò vanamente, anche con l’inganno, di darla in sposa a un cacciatore. Tekakwitha, che non intendeva sposarsi e che non voleva rinnegare la fede cattolica, trovò rifugio nella missione gesuitica di Sault-Saint-Louis in Canada, dove ricevette il battesimo nel 1676 e fu soprannominata “Giglio degli Agniers”. Pochi anni dopo, nel 1679, prese i voti, scegliendo la vita religiosa e la verginità. Morì, a soli ventiquattro anni, il 17 aprile 1680, a causa delle violente mortificazioni e delle pesanti rinunce cui sottopose il suo gracile corpo durante la permanenza nella missione. Dopo la sua morte, secondo la tradizione, ci furono varie guarigioni miracolose di pellerossa che si erano recati presso la tomba della santa. La sua causa di beatificazione venne avviata nel 1884, per poi venire beatificata, nel 1980, da Giovanni Paolo II e canonizzata, il 21 ottobre del 2012, da Benedetto XVI, divenendo la prima santa pellerossa della Chiesa cattolica. 



Nata a Firenze nel 1362 da una nobile e potente famiglia, Chiara (al secolo Teodora o Vittoria) venne data in sposa, a soli dodici anni, per ragioni politiche a Simone Massa, che morì tre anni dopo il matrimonio con la fanciulla. La giovane, su consiglio di santa Caterina da Siena, con la quale intrattenne una fitta corrispondenza, decise di non risposarsi e di offrire la sua esistenza a Dio, abbracciando la vita monastica. Nonostante le violente reazioni della famiglia, che arrivò a tenerla segregata per un periodo, la ragazza entrò e prese i voti nel monastero domenicano di Santa Croce a Pisa, scegliendo il nome di Chiara. In seguito, Chiara divenne badessa del monastero e s’impegnò, insieme alle altre monache, nel sostegno e nell’accoglienza dei poveri. Inoltre, la badessa utilizzò i beni della sua famiglia, ereditati dopo la morte del padre e dei fratelli per una congiura, per le iniziative del monastero. Dopo la morte di Chiara, avvenuta il 17 aprile del 1420, il suo corpo venne sepolto nel monastero. Il papa Pio VIII, nel 1830, la dichiarò beata.



Mariana Navarro de Guevara Romero, divenuta poi Maria Anna di Gesù, nacque a Madrid il 17 gennaio 1565. Fin dalla fanciullezza manifestò una disposizione per la vita religiosa e raggiunta la maggiore età decise di consacrare la sua esistenza a Dio e di rimanere vergine. La famiglia tentò in ogni modo di distoglierla dalle sue inclinazioni spirituali, ma, nonostante l’opposizione familiare, la giovane cercò di entrare in qualche monastero femminile, ricevendo rifiuti per un’infermità che le ostacolava l’uso delle mani. Allora, per alcuni anni la donna si ritirò in una vita di preghiera e solitudine. Secondo la tradizione, tali anni furono contraddistinti anche da alcune esperienze mistiche, come la visione di Gesù che le poneva sul capo la sua corona di spine: ciò influenzò l’iconografia della santa; infatti, sarà rappresentata con una corona di spine. In seguito, fu finalmente accolta da un ordine religioso, l’Ordine della Mercede, indossando l’abito nel 1613 e divenendo una religiosa mercedaria l’anno successivo. Maria Anna morì il 17 aprile 1624 a causa di una brutta forma di pleurite. Il suo corpo si rivelò profumato e incorrotto a numerosi esami succedutesi nel tempo. Ciò alimentò la sua causa di beatificazione, proclamata, per volere del papa Pio VI, il 25 maggio 1874.

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