Oggi, 8 aprile, si ricorda Santa Casilda (o Casilla), che nacque a Toledo tra il X e XI secolo, figlia dell’emiro di Toledo al-Mamun o secondo altri del governatore di Cuenca, Ben Cannon. Le notizie intorno alla sua nascita e alla sua intera vita risultano incerte perché Casilda dedicò la sua esistenza all’umiltà e alla carità, lontana da clamori e dalle attenzioni delle folle. Fu soprattutto vicina agli ultimi per cui le sue opere e gli eventi che la riguardano furono per lo più tramandati oralmente e messi per iscritto solo alcuni secoli dopo, probabilmente arricchiti dalle leggende e credenze popolari che nel frattempo si erano create. Casilda visse nel periodo in cui la Spagna era ancora occupata dai Mori e la capitale religiosa dei musulmani spagnoli era proprio Toledo. Sin dalla giovane età la sua appartenenza alla religione maomettana non le impedì di essere generosa caritatevole con il prossimo, qualunque fosse la sua fede, anzi il suo impegno ad aiutare le persone si rivolse soprattutto a quei cristiani imprigionati che lei cercò di sostenere in ogni modo le fosse possibile.
Un simile atteggiamento iniziò però a destare dei sospetti nel padre che decise di farla sorvegliare e a tal proposito si narra che un giorno mentre portava del pane a dei prigionieri fu fermata dai suoi uomini per perquisirla. A quel punto però i pani si trasformarono in rose e così i fiori furono le uniche cose che quei soldati le trovarono addosso. Casilda fu però colpita da una grave malattia che nessun medico era in grado di comprendere e curare. I suoi amici cristiani allora le consigliarono di recarsi al santuario di S. Vincenzo di Briviesca a Burgos dove c’era una fonte che si riteneva avesse prodigiose proprietà taumaturgiche. Molti pellegrini si recavano infatti a quella fonte per curare le emorragie e così Casilda, vista l’impotenza della scienza medica di quel tempo, decise di percorrere questa strada e recarsi al santuario.
Effettivamente quelle acque la guarirono completamente e così la ragazza fece la grande scelta di convertirsi al Cristianesimo, continuando comunque a seguire quella che era la cifra distintiva della sua vita: l’umiltà e la riservatezza. Non ci fu alcun evento pubblico o cerimonia plateale per celebrare adeguatamente il grande gesto: fu un semplice battesimo a seguito del quale abbandonò la vita cittadina per vivere da anacoreta come avevano fatto secoli addietro i Padri del deserto, in Egitto, Palestina e Siria.
Vivere da anacoreta volle dire abbandonare ogni legame con la vita di palazzo e condurre invece un’esistenza solitaria votata all’ascesi e alla preghiera. Qui la sua esistenza intimistica nella fede durò molto a lungo, infatti si racconta che la morte colse la vergine Casilda ultracentenaria. Il suo corpo fu seppellito nella chiesa di San Vincenzo e fu da subito venerata. Le sue spoglie furono poi spostate nel 1750 in un nuovo santuario e ancora oggi la chiesa a lei dedicata in Briviesca è meta di pellegrinaggi.