Hanno contratto malattie come Aids o epatite, ma ad oggi ancora non sono stati risarciti. Anzi, nonostante siano stati contagiati in seguito a trasfusioni di sangue o emoderivati infetti, non controllati dal Servizio sanitario nazionale, circa l’80-90% delle 6.600 istanze presentate saranno escluse dalle transazioni ad opera del decreto Balduzzi. Tra quelle esaminate finora, 3.600 sono già state respinte. Le associazioni e gli studi legali che da anni seguono le vittime di sangue infetto oggi puntano il dito contro il decreto attuativo del 2012 (il decreto Balduzzi) che ha posto vincoli ancora più stringenti: la transazione, infatti, come ha spiegato uno degli avvocati che da tempo segue il caso, non si applica per le trasfusioni avvenute prima del 1978 e il diritto cade in prescrizione se la richiesta non è stata fatta entro 5 anni dal riconoscimento del danno biologico. “In pratica, lo Stato, non solo non ha controllato fino agli anni Novanta il sangue somministrato ai suoi cittadini, che per questo si sono ammalati, ma è arrivato a negare loro il legittimo risarcimento”. IlSussidiario.net ha fatto il punto della situazione con Nicola D’Ambrosio, vicepresidente della LIDU (Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo), associazione che da oltre 20 anni si occupa di casi di malasanità e malagiustizia, compreso questo riguardante sangue ed emoderivati infetti.
Come mai ci sono ancora migliaia di persone che attendono il risarcimento?
La fase transattiva è ancora in atto e il ministero sta ancora esaminando le domande. Detto questo, è opportuno ricordare che noi, come anche le altre associazioni e coloro che sono stati danneggiati, abbiamo impugnato il decreto Balduzzi perché lo riteniamo estremamente non idoneo. Anzi, questo decreto crea una gravissima ingiustizia sociale.
Quali sono i punti del decreto che meno convincono?
La prima transazione venne fatta nel 2003 e coinvolgeva circa ottocento danneggiati, soprattutto emofilici. Successivamente ci si riservò di fare altri decreti per altre categorie: la seconda transazione è quindi avvenuta nel 2004-2005, andando a interessare un altro centinaio di persone contagiate, mentre allo stato attuale ci troviamo a combattere per la terza transazione.
Come mai definisce il decreto “una gravissima ingiustizia sociale”?
Nel 2006 abbiamo avviato alcuni incontri con il ministero della Salute, fortemente richiesti e ottenuti da una decina di associazioni che si occupano di questo caso, compresa la LIDU, proprio per riaprire il discorso delle transazioni. Dal 2006 al 2011 abbiamo fatto circa una trentina di incontri al Ministero della Salute; con il Ministro Fazio e il Sottosegretario Martini Francesca avevamo raggiunto un accordo sul decreto da presentare che includeva tutti i danneggiati che avevano presentato la domanda per le transazioni con i termini che lo stesso Ministero aveva stabilito; tale decreto doveva essere firmato dal Consiglio dei Ministri il 5 maggio 2011.
Poi cosa avvenne?
Per motivi tecnici (questo il termine esatto che ci fu detto), fu rinviata la firma. Il decreto rispettava la stessa analogia alle transazioni del 2003-2005. Subentrato il Ministro Balduzzi ci aspettavamo che venisse ripreso il decreto precedentemente concordato con le associazioni, invece il Ministro Balduzzi senza consultare le associazioni presentò, nel maggio 2012, il decreto che non rispettava gli accordi che in sei anni avevamo raggiunto con il Ministero. Per tale motivo il decreto Balduzzi fu denominato dalla LIDU “il decreto della vergogna”, in quanto non coerente rispetto alle transazioni del 2003-2005. Sono essenzialmente tre i punti che oggi contestiamo in riferimento a questo decreto.
Quali?
Il primo riguarda l’esclusione dalle transazioni per coloro che risultano danneggiati prima del 1978. Il secondo punto riguarda la prescrizione, una clausola mai neanche accennata nel 2003, e mai accennata nei numerosi (circa trenta) incontri al tavolo delle trattative con il Ministero dal 2006 al 2011 . Possibile che lo Stato, dopo aver danneggiato migliaia di persone in un modo talmente grave, arriva a introdurre la prescrizione del reato, di fatto per “scagionare” se stesso? Nel 2003, infatti, quando ancora non se ne parlava, molti soggetti sono stati risarciti secondo i termini che il ministero aveva stabilito in quel periodo.
Di che cifre parliamo?
Si andava da un minimo di 380mila euro per i casi considerati meno “gravi”, fino ai deceduti per cui si poteva arrivare anche a un milione di euro. Le cifre comunque cambiavano in base alla gravità della patologia, ma è qui che entra in gioco il terzo aspetto del decreto che contestiamo duramente.
Di che si tratta?
Con il nuovo decreto, il ministero ha sostanzialmente diviso i danneggiati in due categorie: da una parte ci sono gli emofilici e talassemici, rimasti nella categoria di coloro che possono percepire un minimo di 380mila euro di risarcimento, dall’altra ci sono invece gli “occasionali”.
Vale a dire?
Sono coloro che hanno contratto la malattie da fiale infette dopo aver fatto solamente una somministrazione, quindi non a seguito di lunghe e ripetute terapie. Insomma, per un motivo o per un altro il danneggiato è andato in ospedale e, in quell’unica occasione, gli è stato iniettato sangue o emoderivato infetto .
Quanto possono percepire questi “occasionali”, a differenza degli altri?
Il decreto divide la gravità della patologia in diverse categorie, in cui l’ottava è quella considerata meno grave, la prima è praticamente quasi il decesso. Il problema è che, anche nel caso in cui un emofilico e un “occasionale” vengono entrambi inseriti nell’ottava categoria dalla CMO, al momento della transazione il primo riceve 380mila euro (il minimo garantito) e il secondo solamente 27mila proprio perché è considerato occasionale. Il ministero ha quindi creato arbitrariamente queste categorie a suo piacimento, senza consultare nessuno, ma anche senza rendersi conto che il danno, dopo contagi di questo tipo, è uguale e gravissimo per tutti. Si tratta essenzialmente di un cavillo per far sì che la maggioranza dei danneggiati prenda alla fine solo pochi spiccioli. Noi ci siamo sempre battuti affinché tutti i danneggiati, a parità di danno, debbano ricevere lo stesso trattamento risarcitorio, in riferimento alla categoria assegnata dalla CMO.
Come crede si risolverà l’intera vicenda?
In molti hanno fatto ricorso al Tar e la risposta dovrebbe arrivare tra qualche mese. Resta il fatto che attualmente, a causa della prescrizione o delle categorie stabilite, ci sono tantissime persone gravemente malate che non riceveranno alcun rimborso oppure che prenderanno cifre irrisorie. E’ una vera beffa che non si giustifica in alcun modo: perché questa differenza di trattamento? il Ministero ci ha tenuto per anni in attesa, tra promesse e incontri andati a vuoto, ma alla fine non ha fatto altro che ingannarci.
(Claudio Perlini)