Mada ‘Adam’ Kabobo è un uomo, è un folle. Poi è anche un ghanese, immigrato irregolare nel nostro paese, con precedenti penali. Forse è anche un drogato, chissà. Cambierebbe qualcosa se fosse francese o italiano? Ha impugnato un piccone, all’alba, e si è messo ad aggredire passanti ignari, uccidendo, massacrando mortalmente, ferendo con brutalità. Per rubare? Forse, ma non si ammazza a raffica per un portafoglio. Dev’esserci la pazzia a stravolgere la mente, a muovere una mano tanto feroce. E non a caso le forze dell’ordine parlano di stato confusionale dell’assassino, che pare abbia solo detto che voleva da mangiare. 



Dobbiamo farne un caso da battaglia politica sull’immigrazione? Con pulsioni veteroleghiste che si arroccano davanti alle aperture del nuovo ministro per l’Integrazione, con la Bossi-Fini che torna in auge, con il razzismo che esplode, perché non si tratta neppure di un immigrato bianco… ma tutto questo centra? Sì e no. Non centra col caso in sé, perché per Mada ‘Adam’ la legge ha funzionato. Clandestino, era stato espulso. Nessuna legge però, buona o cattiva che sia, può essere giudicata se è lettera morta, e non viene applicata. Probabilmente, se fosse stato espulso, il quartiere Niguarda avrebbe vissuto una mattina normale, quest’oggi, e ci sarebbero morti e feriti altrove, che si tratti del Ghana o un altro paese europeo più accogliente. 



Dunque, di una legge che non funziona, non ce ne facciamo nulla, cambiarla in senso più largo o più stretto non risolve. E sarebbe superfluo ricordare che per un criminale straniero, ce ne sono tanti italiani, e che la maggior parte degli stranieri in Italia, regolari o irregolari che siano, restano persone in difficoltà, fragili, bisognose di un lavoro, di una casa, di rispetto. Non è superfluo perché in tempi di crisi affiorano i più gretti egoismi, le recondite spinte all’homo homini lupus, e ogni epoca ha la sua caccia alle streghe  agli untori. 

Ma andatelo a dire ai parenti, agli amici delle vite spezzate, andate a spiegare che gli uomini sono buoni o cattivi, savi o matti, a prescindere dal paese d’origine e al colore della pelle. Perché la gente di soprusi e violenze dettate dalla disperazione ne ha viste tante, ed è vero che abbiamo permesso a chiunque di entrare senza controllo nel nostro paese, e consola poco rimarcare che di delinquenti ne abbiamo anche noi. Averne di più, è peggio. Avere un sommerso di uomini e donne ai margini, schiavi della miseria, della criminalità, delle droghe, e vederlo crescere di giorno in giorno, aumenta la paura, l’insicurezza, l’odio. 



Abbiamo il diritto di avere leggi serie che contemplino l’accoglienza e il rispetto delle regole, che vengano scrupolosamente osservate e fatte scrupolosamente osservare. Abbiamo il diritto di sapere se un immigrato è malato di mente, e  potenzialmente pericoloso, se è un serial killer, uno stupratore abituale, un ladro. Abbiamo il diritto di controllare, e il dovere, così come avviene o dovrebbe avvenire per qualsiasi cittadino italiano. 

Non abbiamo il diritto, davanti all’imponderabile, ad una crudeltà ferina che piomba come un cataclisma, di buttarla in politica, di lucrare sul dolore, agitando le piazze reali o virtuali, a caccia di consensi. Per egoismo razzista, o per un buonismo irresponsabile funzionale alle campagne elettorali, a tenere insieme partiti dilaniati, a lisciare il pelo a una base scalmanata ma utile all’occorrenza. Poi, è durissima da ammettere, ma tocca ancora una volta dirlo, quando nessuno più lo dice: nessun uomo è buono in sé. E non tutti gli uomini malvagi o malati di mente sono tali per colpa delle condizioni, della società. C’è chi sceglie il male, chi lo fa inconsciamente. Gli uni e gli altri vanno fermati. Così come si deve fermare la forza devastante della natura, o prevenire gli accidenti tragici che procurano morte. Per quanto è possibile. Sapendo che non sempre è possibile.