Papa Francesco ha invitato a “garantire protezione giuridica all’embrione, tutelando ogni essere umano sin dal primo istante della sua esistenza”. Lo ha fatto prima della recita del Regina Coeli, sottolineando l’importanza della petizione lanciata nelle parrocchie in favore dell’iniziativa europea “Uno di noi”. Una campagna in parallelo a quella della Fondazione Jérôme Lejeune intrapresa per sensibilizzare i francesi sull’utilizzo degli embrioni umani per la ricerca scientifica.



Il dibattito oltralpe è molto acceso. Il 28 marzo scorso, i deputati dell’Assemblea nazionale hanno bocciato una proposta di legge varata dal Senato che mirava proprio ad eliminare il divieto, in vigore dal 2004, di ricerca sugli embrioni. Intanto la petizione online contro questo progetto organizzata dalla Fondazione Jérôme Lejeune, partita lo scorso dicembre, aveva raccolto decine di migliaia di firme. Ludovine de La Rochère della Fondazione Lejeune ci spiega meglio la situazione.



Perché la Fondazione si è opposta alla cancellazione del divieto di ricerca sugli embrioni?

Quando si tocca l’embrione, si demolisce un intero mondo. Così, rimpiazzando il principio che vieta la ricerca sugli embrioni con quello che la permette a certe condizioni, il Senato francese rende un’eccezione la protezione dell’essere umano. In Francia sarebbe la prima volta e sarebbe molto grave. Tutti gli scienziati sanno che gli embrioni sono il principio dell’essere umano. Non sono sicuramente visibili, ma sono essere umani. Devono essere rispettati e bisogna permettere agli embrioni di crescere naturalmente. Se si inizia questo cammino potrebbero in seguito venire legalizzate altre pratiche poco rispettabili e noi siamo molto preoccupati per il futuro.



Perché il Senato non si è opposto a questa proposta, che voi definite in qualche modo inqualificabile?

Perché in Francia il tema degli embrioni affascina molti scienziati. Da molti anni pensano di poter fare degli embrioni ciò che vogliono, ma non è vero perché usare gli embrioni non è così semplice, non è facile trasformarli. Ci sarebbero delle valide alternative.

Quali?

Nel 2006 il professor Yamanaka, premio Nobel per la medicina lo scorso anno, era riuscito a trasformare delle cellule adulte in cellule staminali con proprietà simili alle cellule staminali embrionali. La scoperta di queste nuove cellule, chiamate cellule iPS (induced pluripotent stem cells) presenta diversi vantaggi: da una parte consente di superare il problema del ricorso alle cellule staminali embrionali umane, dall’altra parte di cellule iPS se ne ottengono a volontà a partire da un solo prelievo di tessuto. Si tratta di cellule efficaci nella medicina rigenerativa.

In che senso? 

L’idea di fondo è quella di sostituire le cellule malate con cellule sane, in tante malattie finora inguaribili.

Qual è il ruolo della fondazione in tutto questo?

La fondazione è attiva nell’informare le persone comuni ma anche i politici. Abbiamo iniziato a spedire materiale per sensibilizzare sul tema. Si tratta di una grossa occasione di civilizzazione. Anche se pensiamo che molti laboratori stiano già lavorando con gli embrioni e non volendo cambiare i loro progetti fanno pressione affinché la legge passi. Le cellule iPS costano, mentre gli embrioni umani sono completamente gratis.

 

(Elena Pescucci)