La procura di Caltanissetta, dopo aver istruito il nuovo processo (il quarto) per la strage di Via D’Amelio in cui hanno perso la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta, ha rinvenuto un video inedito sui momenti immediatamente successivi all’attentato. Un filmato che sembrava poter fare finalmente luce sul mistero della scomparsa dell’agenda rossa, quella in cui il magistrato era solito riportare risvolti investigativi, appunti e riflessioni, svanita nel nulla dopo l’eccidio. Eppure le indagini sono ancora a un punto fermo e del diario non c’è traccia: il nuovo video è stato mostrato di recente al colonnello ed ex capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli, prima indagato e poi prosciolto proprio per il furto dell’agenda rossa, il quale è ripreso mentre parla con due persone accanto all’auto di Borsellino. “Qualcuno mi diede la borsa – ha detto il militare rispondendo alle domande dei pm Nico Gozzo e Stefano Luciani e del procuratore Sergio Lari – ma non so dire da chi la ebbi e cosa ne feci dopo. Posso solo dedurre che qualcuno la rimise in auto”. Arcangioli aggiunge inoltre che, una volta aperta la valigetta del giudice, “nulla mi colpì del suo contenuto. Ricordo solo un crest dell’Arma, ritenni il contenuto ininfluente per le indagini”. Sembra che proprio per questo motivo l’agenda venne rimessa nella macchina. “Era solo quando vi guardò dentro?”, gli chiedono quindi i pm. “No. Non so dire precisamente con chi fossi, forse con il giudice Giuseppe Ayala”. Lo stesso Ayala, invece, nega di avere aperto quella valigetta: “Quel pomeriggio udii un boato, scesi da casa e seguii una colonna di fumo. Arrivai così in via D’Amelio, ma non sapevo ancora che lì abitava la madre di Borsellino. Mi avvicinai a un’auto blindata e inciampai su qualcosa: era un troncone di uomo con la testa carbonizzata. Con difficoltà riconobbi in quei resti Paolo”. Anche Ayala non ricorda bene cosa fu della borsa: “Sono certo di averla avuta in mano. Era nell’auto, non so se la presi o qualcuno me la passò, ma di certo io non la aprii e la diedi subito a un ufficiale dei carabinieri che mi trovai vicino”. Resta il fatto che qualcuno voleva eliminare qualche documento ritenuto scomodo e Ayala non ha dubbi che “qualcuno aprì la valigetta, guardò dentro, prese l’agenda e decise, tradendo lo Stato, di farla sparire”. L’identità di quest’uomo, però, è ancora avvolta dal mistero.